IL NUMERO MANCANTE di Fiorenzo Tadini

«Sveglia dormiglione!», esclamò mamma Ines entrando nella camera del figlio, «sono quasi le sette!» 

«Mamma, per favore, ho ancora sonno!»

«Dimmi un po’, Lorenzo, ma a che ora sei rientrato stanotte?»

«Poco dopo mezzanotte, c’era un’importante riunione alla Casa del Fascio e …»

Il ragazzo non riuscì a terminare la frase.

«Hai i capelli impregnati dal fumo di sigaretta. Non avrai mica fumato?»

«Mamma, sai bene che non ho questo vizio, erano gli altri che fumavano: adesso, per piacere, lasciami dormire ancora cinque minuti.»

«Lorenzo, è mai possibile che non ricordi cosa devi fare questa mattina? Non vorrai arrivare in ritardo proprio il primo giorno di scuola! Quest’anno hai gli esami per il diploma e chi ben comincia, dice il proverbio …»

Mamma Ines aprì le imposte e lasciò i vetri della finestra accostati per dare aria alla stanza. 

«Forza, figliolo, vedi di alzarti, pare che oggi sia una bella giornata, ha smesso di piovere e s’intravede un raggio di sole.»

Lorenzo si girò un paio di volte nel letto, poi, con un lungo sospiro di rassegnazione, cominciò lentamente a mettere i piedi fuori dalle coperte.

«Va bene, mamma», disse infilandosi le pantofole, «adesso mi alzo, ma senza fretta, lo sai bene che il primo giorno di scuola facciamo solo un paio d’ore, ci dettano gli orari delle lezioni e ci danno la lista dei libri da comprare.»

«Bella seccatura quella dei libri scolastici!», intervenne la mamma prendendo dall’armadio il vestito buono del figlio, «è mai possibile che tutti gli anni dobbiamo acquistare dei testi nuovi? Mi chiedo perché non possono andare bene quelli sui quali ha studiato tuo fratello Loris. In fondo la scuola è sempre la stessa, anche se da un anno ha cambiato nome e adesso si chiama Duca d’Aosta.»

«Mamma, Loris si è diplomato ragioniere quattro anni fa!»

 «Lo so bene, figliolo, ma tu frequenti la sua stessa scuola ed hai gli stessi professori.»

«I tempi cambiano, le idee cambiano, il progresso …»

«Di quale progresso parli? Mi pare proprio che, in barba a quello che tu chiami progresso, lo stipendio di tuo padre vada sempre più a scemare ogni mese, altro che progredire.»

«Mamma, abbiamo avuto la Campagna d’Africa ed è naturale che ci sia richiesto qualche sacrificio! A breve le cose andranno meglio per tutti, abbiamo l’Impero, abbiamo le colonie, e sai cosa significa tutto questo? Che per tanti nostri disoccupati ci saranno nuove opportunità di lavoro in quelle terre, senza contare che portiamo civiltà e nuove tecnologie.»

«Lorenzo, non me la racconti giusta, con queste manie di grandezza andremo a finire male. Ci mancava anche l’Impero!», sbottò mamma Ines sistemando con cura sulla spalliera della sedia una camicia bianca che profumava di lavanda.

«Per carità, non farti sentire in giro con questi discorsi, ti prenderebbero per disfattista. Abbiamo già abbastanza problemi con il babbo. Devi avere fiducia nel Duce, lui ci porterà lontano, soprattutto ora che abbiamo concluso un patto di fratellanza con la grande Germania.»

«Buoni i Tedeschi, i mangia crauti, e poi quell’Hitler mi fa paura, mi sembra un invasato. Guarda che c’è il diavolo dentro di lui, figliolo!»

«Mamma cara, ma cosa stai dicendo? È un grande uomo. Lo scorso 9 maggio non l’hai potuto vedere, o meglio non hai voluto vederlo il Führer, ma ti posso assicurare che quel giorno Firenze gli tributò una grande accoglienza. C’erano migliaia di persone venute da ogni parte della Toscana per applaudirlo. Con il mio gruppo dei “Giovani Italiani del Littorio” ero in Via de’ Cerretani sino dalla mattina e, quando in auto scoperta assieme al nostro Duce è passato a pochi metri da me, mentre lo salutavo con il braccio alzato, il suo sguardo per una frazione di secondo ha incrociato il mio.»

«Davvero? E scommetto che lui, dopo aver guardato i tuoi begli occhi, ti ha fatto ciao con la mano e ti ha detto: “Lorenzo, salutami mammina!”»

«Mamma, hai voglia di scherzare, ma ti posso assicurare che è stata una giornata che porterò nel cuore sino a quanto avrò da campare. Pensa che alla stazione di Santa Maria Novella c’erano tutte le più alte cariche dello Stato. Come potrei scordare un avvenimento del genere! Ah! A proposito, stavo per dimenticarmene, alla riunione di ieri sera il mio “Capo Squadra” mi ha detto di ricordare al babbo che sabato lo aspettano all’Adunata al campo sportivo e, bada bene, me lo ha detto con un tono di voce che non ammetteva repliche.»

«Lorenzo, lo sai com’è fatto il babbo, e sai anche come la pensa sul Sabato Fascista! Se fosse stato per lui, la tessera del partito non l’avrebbe mai presa. Stava per rimetterci il posto in Comune se non fosse intervento mio fratello Angelo, che alla fine è riuscito a fargliela accettare. C’era già qualcun altro pronto ad occupare la sua scrivania. Comunque, assicura pure il tuo Capo che il babbo questo sabato sarà al campo sportivo. Speriamo che un po’ di movimento gli faccia calare la pancia!»

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