ANTENATI di Barbara Guarnieri
genere: FANTASY
«Il presente articolo non ha scopo scientifico ma esclusivamente informativo.
L’articolo è stato realizzato dal Dott. Lorenzo Vallato: le informazioni ivi riportate hanno come fonti la documentazione archiviata dello studio del Dott. Joseph Sabau, prematuramente scomparso, privi di protezione della privacy.
La testata giornalistica Il Corriere dell’Accademia si esenta da qualsiasi responsabilità in merito alla veridicità dei fatti qui esposti.
SARDEGNA CULLA DELLA VITA: I FATTI SCONCERTANTI EMERSI DAGLI STUDI DEL DOTTOR SABAU
Per l’editoriale di questa settimana la gentile redazione ha deciso di contattarmi in merito ad alcuni saggi da me scritti e pubblicati di recente, che a quanto pare hanno attirato l’interesse di alcuni.
Chi scrive è Lorenzo Vallato, laureato in Filologia, letterature e civiltà del mondo antico e al momento impiegato in un dottorato di ricerca presso la stessa sezione dell’Università degli Studi di ***
[N.d.R.: l’ente ha espresso la richiesta di rimuovere la propria nomina dall’articolo].
Provengo dunque, così il lettore potrebbe pensarlo, da un indirizzo prettamente umanistico e quindi ascientifico: nulla di più sbagliato, perché ogni materia sviluppata dalla civiltà umana si basa su fondamenta intaccabili di pensiero logico.
Per i dati più tecnici, però, ho ovviamente dovuto rifarmi al prodotto di uno scienziato, il cui lavoro è stato fonte primaria della mia ricerca, ciò che ha dato inizio a tutto quanto: sto parlando del Dott. Joseph Sabau, antropologo e archeologo di fama internazionale purtroppo sconosciuto ai più che non fanno parte del settore.
Le sue opere, fino ad ora solamente conservate presso l’Università di ***, verranno – così spero – presto pubblicate e diffuse al grande pubblico; a causa di ciò non posso fornire titoli specifici della mia fonte, celata ancora per poco alla conoscenza del mondo tutto.
[N.d.R.: qui si fa riferimento a Sardegna culla della vita – studio antropologico dei reperti rinvenuti presso la grotta Corbeddu in Ulìana, in pubblicazione questo mese].
Dunque: da dove iniziare?
Nella mia mente ormai i concetti di cui parlerò sono parte della storia comune di tutti noi. Spero di avere successo nel trasmettere al lettore ciò che credo verrà, in un futuro indefinito, insegnato nelle scuole sin dalle elementari.
Desidero che l’incipit della storia si incarni in colui che l’ha portata alla luce, ovvero il Dottor Joseph Sabau.
Come anticipato, fu un antropologo molto affermato nel suo settore ma poco conosciuto ai più; dall’idea che mi sono fatto di lui, il suo carattere brusco e poco estroverso lo portarono a intessere poche relazioni nel corso della sua vita.
Nato nel 1891, Sabau visse un’esistenza totalmente dedicata ai suoi studi, superando incredibilmente indenne i fatti che sconvolsero la nostra nazione nella prima metà dello scorso secolo.
La dittatura eletta del regime fascista – la redazione non me ne voglia, ma qui non utilizzerò lettere maiuscole – aveva, come spero sia già noto al lettore, una insaziabile predisposizione al legittimare in ogni modo la propria esistenza e la supremazia della nostra “razza”, della cultura italiana e della sua storia: nonostante la tendenza del regime fosse di prediligere ciò che concerne l’impero romano, dimenticando spesso la natura repubblichina degli antenati latini, la sua attenzione fu attratta anche dai reperti tutt’oggi presenti, studiati e sempre più ricchi della Sardegna; testimonianze di un passato antico che, se dimostrato saldo, avrebbe portato una forte credibilità al regime stesso.
A metà degli anni Trenta del secolo scorso, il Dott. Sabau aveva già alle spalle alcune pubblicazioni riguardo le sue ricerche effettuate nell’isola: più nello specifico, presso la regione dell’attuale Nuoro.
Quell’area presenta varie testimonianze dell’esistenza degli antenati nei periodi prenuragico e nuragico, con reperti che – non si offendano gli altri studiosi – sono abbastanza simili a quelli rinvenuti nel resto dell’isola; non mi dilungherò.
Ciò che attrasse l’attenzione del regime fu un appunto del Dottore: solamente una piccola nota, che li portò a finanziare una campagna di ricerca con l’esito che esporrò in questo articolo.
Sabau accennava in un suo studio a una testimonianza minore, un graffito che aveva rinvenuto in mezzo a un gruppo di incisioni rupestri paleolitiche riportate alla luce tramite degli scavi in una grotta nell’area presa in esame: ad attirarlo fu, come in una poesia romantica, uno sprazzo di luce in un’area d’ombra; una gemma azzurra di puro color zaffiro incastonata nella pietra.
La gemma si rivelò in realtà madreperla, così scura e splendente da sembrare quella gemma preziosa e da chiedersi perché l’artista avesse deciso di portarla e utilizzarla lì dalle antiche spiagge mediterranee.
La pressione interna della grotta in cui furono scoperte le pitture rupestri aveva consentito alla madreperla di conservarsi in modo quasi perfetto, ma Sabau si interessò soprattutto a ciò che stava a essa attorno.
Purtroppo, non sono giunte a noi fotografie di quel graffito, per cui ci dobbiamo accontentare del disegno realizzato dal buon Dottor Joseph: la riproduzione di tre figure umane, disposte l’una accanto all’altra, con le braccia alzate rivolte a quel cerchio color blu zaffiro tracciato dallo stesso Sabau tramite un pastello, nel tentativo di mettere su carta quella madreperla.
Studiando gli scritti del Dottore, sono stato in grado di fare io stesso una scoperta che – il lettore mi perdonerà per il mio entusiasmo accademico – mi fomentò non poco: sopra la raffigurazione appena descritta, Sabau aveva tracciato in un secondo momento una linea ondulata. Come se si fosse reso conto in un periodo successivo dell’importanza di quella semplice linea tracciata millenni fa in quel graffito rupestre in una grotta sconosciuta della Sardegna.
Il regime fascista vide in questa raffigurazione realizzata dal Dott. Sabau una incredibile opportunità.
Mi è vietato dilungarmi troppo sull’argomento, per cui il lettore dovrà accontentarsi delle poche informazioni cui posso accennare: raffigurazioni simili sono state rinvenute in varie aree del globo, in momenti diversificati nel corso dei secoli; ciò non è un mistero.
Sono state sviluppate le più svariate delle teorie, non mancando di citare anche un intervento alieno: alcuni hanno, e qui non posso dire altro, collegato queste opere arcaiche a testimonianze di un mito antico, la cui eco è penetrata nelle religioni di tutto il mondo; un mito legato all’origine della vita.
Sono costretto ad abbandonare subito l’argomento, come mi è stato chiarificato sin da quando ho iniziato a studiare le opere del Dottore.
Ciò che ci interessa è che il regime vide nella nota di Sabau un’occasione perfetta per legare in modo indissolubile quel mito alla nostra nazione: già la scoperta del graffito era di un valore inestimabile, cosa sarebbe accaduto se avessero scoperto che la culla della vita si trovava proprio qui, poco distante dalla capitale?
I finanziamenti furono importanti e permisero l’organizzazione di una spedizione complessa, di cui il Dott. Sabau riportò i dettagli negli scritti che formano la fonte principale dei miei studi: non mi dilungherò, sia per non annoiare il lettore sia nella speranza che presto queste informazioni diventino disponibili al pubblico.
Non è questo il luogo per riportare i dati tecnici del Dottore, gli esami archeologici da lui sviluppati, le rielaborazioni di ciò che scoprirono presso le grotte che esplorarono: ciò che voglio fare io – nella mia misera veste di filologo e scrittore mancato, come molti – è riportare la storia che trovarono dipinta sui muri di quella grotta, così in profondità, quasi sotterrata dal tempo.
La storia che qualcuno, un nostro antenato, ha voluto tramandare usando i mezzi a sua disposizione; quella che lo stesso Dott. Sabau ha trasmesso utilizzando i dati archeologici, l’unico linguaggio a lui conosciuto. Quella che io, ora, qui, spero di poter narrare ai figli di quel primitivo: di quell’uomo; mi si perdoni lo slancio lirico.
La storia rinvenuta nella spedizione organizzata da Sabau parla della scoperta fatta nei meandri della terra, in un momento imprecisato tra i 15 e i 10 mila anni fa, da colui che ho ribattezzato durante i miei studi come “Jo”.
Il nostro protagonista fu dipinto, in quelle raffigurazioni, come un ominide di media statura, dalle spalle strette e la testa lunga: è l’unica traccia della sua esistenza nella lunga storia della nostra civiltà, ripetuta più e più volte in quei graffiti che narrano la sua avventura.
In un determinato momento della sua vita si ritrovò a camminare nelle zone vicine all’attuale Ulìana, in compagnia di quello che potremmo malamente definire il suo cane domestico: un canide riprodotto con tale cura, nelle incisioni rupestri rinvenute e minuziosamente descritte da Sabau, da generare quasi tenerezza.
A un certo punto il cane si infilò in un cunicolo e, preso dall’inseguimento dell’animale, Jo si rese presto conto di essersi avventurato in un labirinto di gallerie che intessevano una rete intricata attorno alla grotta: attorno, e sotto.
Più inseguiva il cane, deciso a continuare la sua corsa in quelle strette, fredde e buie vie, più Jo si rendeva infatti conto di stare scendendo nelle profondità della terra.
Gli studi effettuati in loco dalla squadra di Sabau hanno attestato che l’aria era respirabile, benché con fatica, togliendo quindi ogni impedimento a chi avesse voluto esplorare quei cunicoli; il buio, evidentemente, non fu un problema né per il cane né per Jo.
Giunse infine nel luogo in cui l’animale aveva deciso di fermare la sua corsa: nei graffiti sono, l’uno accanto all’altro, entrambi dritti in contemplazione di ciò che avevano davanti.
Il muro di fronte a loro presentava una fessura, nella parte bassa più vicina al terreno su cui erano: una fessura da cui filtrava una luce blu, dipinta con colori della stessa tonalità della madreperla scoperta da Sabau.
Jo prese una decisione che oggi definiremmo avventata, se non quasi suicida, e si mise carponi per provare a infilarsi nella fessura; il cane restò seduto, vigile, rivolto alle azioni del compagno.
L’immagine successiva, nella catena di raffigurazioni che raccontano quest’avventura, rappresenta una figura umana – Jo – in piedi, circondata dal colore blu zaffiro e sormontata da una linea ondulata moto simile a quella presente nel primo graffito riprodotto dal Dottore, in quella nota che ha dato inizio a tutto quanto.
Ciò che Sabau ha ipotizzato, e che io ritengo sia una versione molto vicina alla verità, è che Jo si immerse in una vasca d’acqua all’interno della grotta oltre la fessura; era l’acqua a emettere quella luce color zaffiro, che era filtrata dalla fessura e che in quel momento lo circondava.
Nell’incisione subito accanto Jo è raffigurato con, al centro del suo petto, un cerchio dello stesso colore dell’acqua: Sabau ha scritto chiaramente come la sua impressione sia stata che l’artista avesse calcato con forza quel colore, come volesse renderlo evidente a chiunque avesse trovato la sua testimonianza.
Questa è la conclusione della prima linea di incisioni che narravano l’avventura di Jo e del suo compagno canide.
La storia proseguiva poco più sotto, in graffiti con disegni dai tratti diversi, come fosse stata un’altra mano o anche più a vergarli: ancora figure umane, stavolta diversificate e molto più grosse, con le braccia sollevate verso l’alto: verso la piccola incisione di Jo col cerchio color zaffiro nel petto.
Sopra questa folla di giganti c’erano più righe vergate in modo scomposto, come a essere state tracciate con foga per cancellare con rabbia: il colore di quelle striature era azzurro, azzurro come lo zaffiro illuminato dal sole.
Benché i voli pindarici non fossero la sua occupazione, il Dott. Sabau elaborò una ricostruzione di ciò che pensava si avvicinasse alla verità. Era del parere, che condivido, che Jo sia realmente esistito e che sia stato davvero lui a scoprire quella cavità naturale nei cunicoli sottostanti la grotta Corbeddu; lì vi trovò qualcosa, la luce azzurra e quel cerchio raffigurato sul suo petto, che portò poi all’esterno: ai suoi compagni, al suo popolo.
Le righe sulla folla di figure adoranti sono fregi del tempo o testimonianze della rabbia di qualcuno che deturpò i graffiti?
Sabau, come me, ha espresso chiaramente la sua perplessità riguardo l’oblio a cui è stato condannato tutto questo; i tempi sono molto lontani da noi, ma vari miti e leggende ci sono giunti in eredità di eventi che hanno sconvolto le civiltà antiche.
Il regime fascista, in risposta alle questioni da lui sollevate, aumentò i finanziamenti così da organizzare una vera e propria campagna di ricerca per trovare quel luogo nascosto.
Da lì emersero le analisi che confermarono la possibilità di esplorare i cunicoli senza problemi di respirazione; da lì arrivano a noi le analisi effettuate su dei campioni d’acqua prelevati alla profondità maggiore che riuscirono a toccare.
È un’acqua ricca, tremendamente ricca: nutriente, tanto da poter essere bioluminescente, non intaccata dai cambiamenti sia naturali sia artificiali che hanno mutato nel corso dei millenni la nostra terra.
La giusta disfatta del regime non ci ha permesso di poter verificare queste misure, effettuate ormai più di ottant’anni fa: ma sono dell’idea che i risultati che ottenne l’equipe di Sabau non furono miraggi dati da errori; e quelli non erano nemmeno campioni prelevati direttamente dalla grotta di Jo, che non fu mai trovata.
Ho iniziato questa narrazione specificando che tutte le scienze, anche quelle umanistiche, sono caratterizzate dalla fondamentale capacità logica propria di ogni essere umano: mi appello a questo per essere creduto nella ricostruzione che ho elaborato dopo aver studiato più e più volte le opere del Dott. Sabau.
Ciò che ipotizzo è questo: Jo, il Jo che è realmente esistito, trovò in quella grotta nascosta nelle profondità della terra una fonte di ricchezza oltre misura, perché in quell’era della razza umana la buona salute era la ricchezza più grande cui si potesse ambire e quell’acqua era in grado di darla.
Le caratteristiche biochimiche emerse dalle analisi del gruppo di Sabau confermano infatti il sospetto che l’acqua trovata da Jo fosse così nutriente, così pulita e ricca di elementi, da garantire a chi la ingeriva una salute ottima; se non, e qui ammetto il mio azzardo, una salute tanto intaccabile da eludere la morte stessa.
Non sono forse giunte sino a noi innumerevoli leggende riguardo elisir di lunga vita? Non è forse circolata la voce per cui più dittatori dello scorso secolo hanno dato la caccia a qualcosa in grado di permettere loro di evitare la morte?
Il lettore, così come altri specialisti cui mi sono interfacciato, obietterà a queste mie dichiarazioni notando che una ricchezza del genere sarebbe giunta in qualche modo sino a noi sotto forma di racconti, miti, testimonianze più forti del mero elisir della lunga vita.
A questa obiezione credo si possa trovare risposta in quelle linee vergate con forza sopra la folla di figure adoranti: righe, tagli lacerati, tutti di quel colore come di zaffiro, il colore dell’acqua trovata da Jo.
Siamo testimoni ogni giorno di come l’essere umano sia intrinsecamente preda delle proprie passioni, dalla speranza alla rabbia più cieca: 15 mila anni fa un nostro antenato sfregiò i graffiti realizzati dai suoi compagni, opere che testimoniavano qualcosa che aveva portato loro incredibile ricchezza: e forse una altrettanto incredibile disfatta, tale da gettarli nell’oblio della Storia.
Le mie ricerche forse faranno ripartire le indagini, le analisi, anche solo le riflessioni su tutto ciò; come fosse una nuova Atlantide del ventunesimo secolo.
Oppure tornerà nell’ombra, dimenticato da tutti tranne che da coloro che si premurano resti un sussurro, ripetuto sottovoce tra pochi.
Il Dott. Sabau non è più con noi da molti decenni: la sua morte è ormai più vicina all’inizio delle sue ricerche che ai nostri tempi.
Ciò nonostante, resto convinto che, così come disprezzerebbe questo stile lirico di un filologo scribacchino che narra la sua storia, allo stesso modo vorrebbe che la sua ricerca venga ripresa, giungendo infine alla verità di ciò che avvenne, millenni fa, in quelle grotte sotterranee.
«Cosa portò una mano a deturpare il ricordo di ciò che fu?»
Come si suol dire:
«Ai posteri l’ardua sentenza!»
ANTENATI di Barbara Guarnieri
genere: FANTASY