CHRIS TOUR di Gaetano Russo

Jamie si avviò verso il fondo del bus, dove c’erano tre sedili liberi.

Gli altri erano tutti occupati.

Prese posto accanto al vetro e sperò in cuor suo che nessuno gli si sedesse accanto. Improbabile, visto quanta gente aderiva a quei viaggi. Erano la nuova tendenza. Le schermo-tv piazzate a ogni angolo del Paese li pubblicizzavano con ossessivo accanimento. Difficile non imbattersi in uno spot con un’elegante e avvenente pupa che ti sventolava sotto il naso il tour del mese, con tanto di offerta speciale se prenotavi entro una settimana.

Jamie aveva scelto il chrisTour, che ti riportava in quei luoghi che il Figlio di Dio aveva visitato e nei quali aveva compiuto miracoli, ma c’erano tante opzioni di viaggio.

Un suo collega della banca aveva scelto il crollo della borsa a Wall Street. Voleva vedere quei «poveri fessi in giacca e cravatta che si spiaccicavano al suolo come moscerini su un parabrezza.» Un altro suo collega era andato nell’antica Roma, a vedere i gladiatori al Colosseo. Jamie aveva scelto il chrisTour perché s’era sempre chiesto se ci fosse del vero nelle storie della Bibbia o fossero per lo più fuffa.

Una signora grassa come poche gli sedette accanto.

Respirava come se avesse un mantice nel petto e sudava in maniera vistosa. Le chiazze umide all’altezza delle ascelle erano il meno, se confrontate alla puzza che emanavano. Jamie si mise l’anima in pace, attese che il mezzo partisse e ringraziò il Cielo quanto lo sentì vibrare sotto il culo.

Una ragazza ben vestita, che non era quella dello spot che andava sugli schermi-tv, apparve all’inizio del corridoio e cominciò a parlare. Aveva un microfono e la sua voce, acuta e stridente, si diffondeva in tutto il mezzo tramite minuscoli altoparlanti.

«Benvenuti al chrisTour, che vi porta in alcuni dei luoghi più iconici del cristianesimo antico. Vedremo la nascita del Figlio dell’Uomo, il momento in cui lo arrestarono e lo processarono e la crocifissione. Assisteremo ad alcuni dei miracoli descritti nella Bibbia e…»

Jamie smise di ascoltare. La voce della tipa gli trapanava le orecchie. Il puzzo di ascella della grassona gli mandava in tilt l’olfatto: era come se il mondo intero puzzasse.

Il bus lasciò la piazzola e si avviò fluttuando lungo il percorso segnato da una linea gialla. Jamie si girò a guardare oltre il vetro, più che altro per sottrarsi alla puzza e al respiro da mantice della grassona.

Non c’era nulla da vedere, a parte le lunghe e alte pareti del magazzino. Le luci al neon sul soffitto parevano distanti come stelle. Il bus fluttuò silenzioso sulla linea gialla sino ad arrivare al grosso arco piantato nel mezzo del magazzino spoglio. Jamie levò gli occhi oltre il poggiatesta che aveva davanti e riuscì a vedere, oltre il parabrezza alle spalle della tizia che parlava, l’aria che tremolava e si condensava sotto la volta d’acciaio. Pareva un’onda di calura.

Poi, l’aria sotto la volta si riempì di piccole folgori che si abbarbicavano sull’acciaio con le loro zampette elettriche, sparivano e poi ricomparivano, ancora e ancora, in una danza pressoché infinita.

Jamie sentì l’emozione crescere. Ansia e trepidazione si mescolarono e per un attimo l’odore di ascelle, il mantice nel petto della grassona e la voce stridula della tizia in fondo al corridoio sembrarono lontani mille miglia.

Il bus entrò nella tempesta elettrica e i passeggeri persero la cognizione del tempo per qualche attimo. Un senso di vertigine li invase. Jamie chiuse gli occhi per scacciare un accenno di nausea e, quando li riaprì, di fuori era notte. Intorno al bus fluttuante c’era sabbia a perdita d’occhio. Davanti al muso del mezzo si levavano i fuochi lontani e tremolanti di un villaggio.

«La prima tappa del nostro tour», disse la tizia dalla voce stridula. «Tra poco vi chiederò di scendere dal bus. Il campo energetico che ci protegge non è molto esteso, per cui vi raccomando di restare entro un raggio di 5 metri dal mezzo…»

Jamie non ascoltava. I suoi occhi erano persi nel paesaggio notturno: il cielo addobbato di lucine lontane e fredde, la sabbia che si stendeva come un gigantesco tappeto… Pensò per un attimo alla città, agli schermi-tv e luci al neon che trasformavano la notte in giorno, ai grattacieli e alle strade, cemento che copre altro cemento e così via sino alla fine dei secoli, posso sentire un amen? Ecco invece com’era il mondo spogliato: una bellissima distesa di nulla che faceva bene al cuore e ai sensi sovraccaricati.

Il bus si avvicinò al villaggio mentre la tizia continuava a spiegare cose delle quali a Jamie non fregava nulla. Lui voleva scendere e toccare la sabbia, sentire il vento sulla pelle e guardare le stelle. Possibile che ce ne fossero tante?

«… gli agenti del tempo, qui accanto a me, sono autorizzati a usare la forza se necessario…»

Jamie guardava e sognava. Chissà com’era vivere lì e sentire le voci del mondo, quelle che mormoravano prima che il cemento le soffocasse. Chissà com’era camminare sulla nuda schiena di Madre Natura a piedi nudi e farle il solletico. Chissà com’era la vita spogliata di tutti gli inutili orpelli.

Il bus si fermò e la gente cominciò ad alzarsi.

Scesero prima gli agenti del tempo, poi la tizia dalla voce stridula e infine i passeggeri. Jamie fu l’ultimo.

Si radunarono tutti sul lato destro del bus, che fluttuava a pochi centimetri da terra sollevando piccoli mulinelli di sabbia. Il campo energetico schermava ogni cosa: era in pratica un muro sul quale sbattevano i sensi. La strada – se così la si poteva chiamare – era deserta. C’erano segni sul terriccio: strisce lunghe e parallele.

Jamie ricordò quel che gli aveva detto il collega della banca che era andato nell’antica Roma, e cioè che i selvaggi del passato avevano la tendenza a girare a bordo di affari di legno con ruote di legno.

Poi alzò gli occhi e vide la volta celeste, così ampia e luminosa. Mille fuochi color ghiaccio pulsavano lassù, distanti anni luce. Un refolo d’aria gli accarezzò la guancia e portò con sé un odore dolciastro. Jamie si riempì i polmoni. Voleva portare con sé quell’odore. Voleva portare con sé quel cielo stellato e quella quiete. Nel futuro era un continuo vociare di schermi-tv ed elettrodomestici che blateravano.

Lì, invece…

La porta di un cubicolo di pietra si spalancò.

Ne uscì un tizio barbuto che indossava una tunica. Teneva in mano una scodella fumante. L’odore dolciastro si intensificò di colpo e lo stomaco di Jamie gorgogliò. Una tizia che era lì vicino gli lanciò un’occhiata e rise di lui, ma Jamie non se ne accorse. Pensava ai cibi precotti del futuro, che avevano tutti lo stesso odore e lo stesso sapore, per non parlare dell’aspetto.

Jamie fece un passo verso l’uomo barbuto che prendeva con tre dita il cibo dalla scodella e se lo ficcava in bocca. Mentre mangiava di gusto guardava il cielo, assorto e, secondo Jamie, felice. Quella felicità disegnata sul viso e sulle labbra lo colpì più di tutto il resto. Non c’erano schermi-tv a tenergli compagnia, né voci elettroniche o passatempi tecnologici di altro tipo, eppure quell’uomo era felice. Non aveva nulla ed era felice.

Perché? Doveva sapere. Fece un altro passo, poi un altro ancora, finché un agente del tempo si accorse che stava per oltrepassare il campo energetico e rendersi così visibile.

«Ehi, tu! Fai un passo indietro!»

Jamie non lo udì. L’agente del tempo si fece largo tra i passeggeri del tour, che ora erano tutti voltati a guardare Jamie. Tirò fuori dalla fondina l’arma simile a una pistola e spintonò via un tizio che gli ostruiva il passaggio.

«Sei sordo? Ti ho detto di farti indietro!»

Jamie fece un altro passo e in quel mentre il tizio barbuto si voltò verso la strada. Vide l’aria tremolare e una zampetta blu, come una folgore in miniatura, guizzare a un metro da terra. Si accigliò, poi udì come uno zap! e gli parve di vedere qualcosa fare capolino da quella condensa nel mezzo della via polverosa, qualcosa che somigliava tanto a un mezzo volto che spuntasse dalle pieghe stesse della realtà: un occhio, uno zigomo e un pezzo di naso. Gli parve pure di sentire una voce, ma molto lontana.

In quel mentre la porta del cubicolo alle sue spalle si aprì e ne uscì una donna anziana che gli parlò in una lingua incomprensibile. Dal tono che usò, doveva trattarsi di qualcosa di urgente.

L’uomo annuì e la raggiunse.

Prima di entrare buttò un occhio alla via polverosa. L’aria non tremolava più. Nessuna folgore guizzava. Nessun volto che sembrava spuntare dalle pieghe della realtà. Si chiese se non l’avesse sognato. Forse aveva bevuto troppo vino o forse nella cena era finita qualche condimento che gli aveva fatto male. Dall’interno del cubicolo gli giunse la voce sofferente della sua signora incinta e prossima a partorire. L’uomo entrò e si chiuse la porta alle spalle.

Dall’altra parte della cortina energetica, gli agenti del tempo trascinavano un Jamie privo di sensi sul bus del chrisTour e lo legavano al sedile.

Avrebbe saltato quella tappa.

Se si calmava e rispettava le regole, al risveglio avrebbe magari assistito al primo miracolo di Gesù.

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