GIORNO E NOTTE di Luca Andriulo
Foto di Rafaellevels da Pixabay
Holt era un uomo tranquillo e un cittadino modello.
Viveva in un elegante e moderno attico all’interno di un grattacielo a Manhattan in totale solitudine. Una condizione che non gli pesava affatto.
Tutte le mattine si svegliava alle sette, alzandosi lentamente dal letto a due piazze dopo aver scostato le lenzuola di seta.
Si allenava per un po’ di tempo, dopodiché si faceva una doccia.
Consumava una colazione a base di noci, spremuta di arance e uova, poi, raggiungeva il suo ufficio in bicicletta e sedeva alla scrivania, davanti a un pc che fissava per le successive tre ore e mezza.
Andava in bagno, come un orologio svizzero, e tornava alla postazione, fino alle tredici.
Era un impiegato perfetto, su cui i colleghi facevano affidamento in ogni situazione.
Nel suo completo grigio chiaro impeccabilmente stirato e con un taglio di capelli a spazzola non sfigurava mai.
Il ristorante dove mangiava era costoso, ma ne valeva la pena. Rigorosamente insalata, era fin troppo ovvio.
Poi ritornava in ufficio alle quattordici in punto per un’altra estenuante sessione lavorativa. Holt era un tipo taciturno. Parlava solo se interpellato e non desiderava essere al centro dell’attenzione.
In ufficio pochi si ricordavano del suo compleanno, tanto passava inosservato. Lo prendevano in considerazione solo se avevano bisogno di aiuto.
La pulizia e l’ordine che regnavano sulla sua scrivania rasentavano la perfezione.
Parlava sempre in modo educato e si muoveva con fare silenzioso.
Praticava la raccolta differenziata con maniacale attenzione ed evitava di produrre rumori inutili.
Era un tipo che di solito si definisce “strano”, perché non cercava visibilità e non rispondeva ai canoni dell’uomo medio. Ma la stranezza che aveva destato la curiosità di tutti in modo particolare era un libro: “Il lupo della steppa” di Hermann Hesse, nel quale il protagonista vive un profondo percorso intimo e psicologico. Un libro che portava ovunque e che leggeva di continuo.
Alle diciotto in punto lasciava l’ufficio e tornava a casa.
Una breve dormita e poi un pasto frugale alle venti in punto, attraverso il quale cercava di assumere più proteine e meno carboidrati.
Alle ventuno, infine, un po’ di tv, preferibilmente un vecchio film in bianco e nero, e poi il meritato riposo.
Ma era proprio così?
Non proprio.
Holt dormiva, certo. Ma non fino alle sette del giorno dopo.
Un poco chiarito incidente stradale che lo aveva coinvolto, anni prima, gli aveva conferito il singolare potere di non necessitare di sei o sette ore di sonno.
Senza stancarsi eccessivamente durante il giorno, poteva rimanere sveglio tutta la notte.
E che cosa faceva, tutte quelle ore?
Holt si trasformava in un’altra persona, come in un lupo mannaro durante le notti di luna piena.
Alle ventidue in punto si alzava, apriva le ante dell’armadio e indossava una camicia, jeans, stivaletti e giacca in pelle. Un po’ di gel sui capelli, per dargli un tono, e anelli, bracciali e un orecchino a forma di piuma.
Alle ventitré faceva la fila per entrare in un locale. Uno diverso ogni sera.
Si sedeva, a un tavolo o a un bancone, e ordinava qualcosa da bere.
Quindi osservava a lungo le ragazze della sua età, che lo trovavano davvero attraente. E che, forse, durante il giorno non lo avrebbero nemmeno guardato con la coda degli occhi.
Dopo qualche sguardo attento le invitava al suo tavolo, o vi si recava lui, offrendo loro da bere. Poi insieme ballavano e flirtavano senza sosta.
Finché, a coronamento della serata, si dirigevano in suo secondo appartamento.
E dopo una notte di follie amorose, alle sei lasciava l’abitazione dopo aver preparato la colazione alla fortunata di turno e aver loro lasciato un biglietto con su scritto di tirare bene la porta quando sarebbero uscite.
Holt era così.
Un uomo onesto e rispettabile, capace di vivere due diverse vite ed essere due diverse persone allo stesso tempo.
Di giorno era un impiegato modello, taciturno e a modo, la notte si trasformava nel cattivo ragazzo loquace e dongiovanni.
Ormai non ci faceva neppure più caso. Viveva la sua esistenza districandosi fra queste due realtà.
E la cosa non lo turbava affatto.
Riteneva che le persone avessero ben più di due maschere, e che le usassero a seconda delle necessità.
Lui, invece, si mostrava per quello che era il giorno e la notte.
Ed evitava di far trapelare di più su sé stesso solo perché credeva che alle persone non interessasse poi molto, in fondo.
Qualcuno, prima o poi, l’avrebbe visto a qualche festa.
Oppure in ufficio.
O ancora, per strada.
E a quel punto celare la sua doppia identità sarebbe stato inutile.
Perché non avere due vite? Era meglio che averne una soltanto.
E a differenza delle numerose maschere dei suoi simili, lui viveva in pace con la sua coscienza.
Erano le sette in punto.
Si alzò, consapevole che una dura giornata di lavoro lo attendeva.
E poi, re della notte fino alla mattina successiva.
Si mise davanti allo specchio e sorrise.
«Vivo due vite» pensò.
«Una di giorno e una di notte».
GIORNO E NOTTE è un racconto di Luca Andriulo presentato al progetto letterario “I sassi neri”.
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