GLI ANNI PIÙ BELLI di Francesco Masini (prima parte)

Bel lavoro, amici, un gran bel lavoro, forse ancora migliore di quello, ottimo, dello scorso anno. E anche se volessimo, giusto il prezioso insegnamento del Machiavelli, riservare alla Fortuna una metà del merito per il felice esito, nulla dovremmo togliere alla sagacia ed alla perseveranza dei nostri abilissimi segugi, sguinzagliati per tutta la città (e dintorni). Certo è stato un bel colpo, per un’Associazione come la nostra, i cui membri si fregiano dell'”etichetta I.P.P., ottenere la collaborazione di un I.P.I., e di tale eccellente qualità: il meglio che si potesse desiderare!

 Chiedo scusa, dai molteplici e differenti messaggi non verbali che promanano dall’uditorio cerco di ricavare una sensata sintesi, che potrebbe essere la seguente: «E dai, fatti capire, mica siamo tra di noi, ci sono degli invitati, parla come mangi!»

Be’, volevo solo creare un po’ di suspense! So bene che non tutti sanno che la nostra Associazione, i cui membri, in base alla loro storia personale ed al sentimento fondamentale che li caratterizza, si riconoscono Insegnanti Prepensionati Pentiti, al fine di dare espressione, senso e sbocco concreto a tale sentimento (non un mood superficiale e di corto respiro, ma un’autentica, genuina acquisizione culturale ed esistenziale!), hanno dato vita ad un progetto culturale che si propone l’elaborazione, nel corso di qualche anno, di un Manuale di Nostalgia il cui destinatario è, ovviamente, lInsegnante Prepensionato Pentito, iscritto o no alla nostra Associazione, ma anche lEx Alunno Ancora Affezionato (E.A.A.A., nel nostro linguaggio inevitabilmente tendente al burocratese).

Che dire, poi, dell’eventualità, fino a questo momento assolutamente insperata, che la nostra Associazione possa diventare l’oggetto del desiderio, o almeno dell’attenzione, di quella esigua, ma nobile famiglia i cui membri, da noi etichettati come Insegnanti Postpensionati Impenitenti, rivelando con sempre maggiore evidenza la loro qualità di nostri fratelli separati, ci chiamano, come a fatale incontro, al definitivo, risolutivo esito di un fecondo, felice gemellaggio?

A chi ha manifestato riserve, o espresso critiche a questa linea d’apertura all’altro, al diverso, forse avendo a cuore un’ostinata difesa dei confini della nostra identità, ricordo che vita costruttiva fiorisce solo nel delicato equilibrio tra persistenza e cambiamento, tra antico e nuovo, tra il qui e l’altrove.

Ed infine, per dirla tutta, e chiaramente, nel caso qualcuno si disponesse ad arricciare il naso, a storcere la bocca, e simili, bando alle esitazioni, alle ipocrisie, ai falsi pudori, agli eccessivi rispetti umani, ed alle ciance! Chi meglio di questo I.P.I., grazie alle sue vicende, alle sue esperienze, alla sua storia, appare in grado di dare forma, espressione e vita a quella nostalgia che costituisce la stella polare del nostro progetto?

Diploma magistrale a diciassette anni, insegnante elementare di ruolo a diciannove, poi professore di Lettere nella scuola media e al liceo, in servizio per quarantacinque anni, nel corso dei quali ebbe a perdere parecchi colleghi, alcuni prepensionati (non sappiamo se poi pentiti), chiedeva a quel punto di poter rimanere ancora nella scuola, il che gli veniva concesso per due anni: a sentir lui, solo per altri due anni!

Nessuna intenzione di tessere elogi, di infiorare panegirici nei confronti di un tipo umano che, più o meno, tutti noi, nei nostri verdi anni studenteschi, abbiamo conosciuto e contrassegnato con un appellativo inequivocabile, “secchione”; è innegabile, però, che è proprio verso questo tipo umano che naturalmente, direi addirittura ontologicamente, si rivolge il nostro più profondo interesse di Insegnanti Prepensionati Pentiti; del resto vedrete tra poco che ciò che sta per fare qui il suo ingresso è tutt’altro che piatto, banale, prevedibile.                  

Daremo quindi la parola ad alcuni testimoni che hanno parecchie cose da raccontarci a proposito del nostro Post-Pensionato Impenitente, che ha accettato di essere presente tra noi, anche se non fisicamente, chiedendo però di non uscire dall’anonimato.

Si era dapprima pensato di assegnargli, come nome fittizio, tout court la sigla che meglio lo caratterizza, I.P.I., ma poi è risultata vincente l’idea di dargli un nome che in qualche modo possa richiamare i suoi vasti interessi letterari, storici e di varia umanità; ed ecco che Marco Tullio, Marco Antonio, Marco Aurelio e, not least, persino l’Evangelista, ci hanno messo a disposizione il loro prezioso nome. 

Siamo quindi autorizzati a dire: «Lo chiameremo Marco».

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