I PINZY CONTRO GEGEBOMBA di Sergio Besana
Foto di pixabay
“Aprile è il mese più crudele” scriveva il poeta.
Sapete perché, cari bambini?
Perché ad aprile molte creature si risvegliano dal letargo. Ci sono animaletti belli, simpatici e affettuosi, come gli scoiattoli e i ghiri.
E poi ci sono gli abomini, gli sgorbi, i mostri giganteschi, e le creature malvage.
Come Gegebomba.
Gegebomba era un rospo alto più di dieci metri, nero come la notte primordiale in cui era stata generata. Passava l’inverno dormendo nelle fogne sotto Carate Brianza.
Gegebomba si nutriva della cattiveria, della meschinità e delle miserie delle persone. E siccome c’è tanta gente misera e meschina in giro, prosperava come non mai di questi tempi.
La prima sensazione che Gegebomba provava al risveglio era sempre la noia.
Cosa poteva inventarsi per passare il tempo?
La cascina Antonia l’aveva già distrutta tanti anni fa. Far cadere un traliccio dell’alta tensione? Divertente, ma non ci passa sotto nessuno. Che noia, che barba!
Un giorno, Gegebomba si guardò intorno e vide la clinica veterinaria di Carate. Ecco! Avrebbe potuto attaccarla spaventando tutti gli animaletti. Che bel passatempo, proprio divertente!
Lentamente, perché era appena emersa dal letargo, Gegebomba si avviò verso la clinica.
La dottoressa Polda lavorava alla clinica veterinaria da anni, sempre con la stessa passione.
Quel giorno era preoccupata perché erano arrivati 12 gatti recuperati da un’anziana signora. I gatti andavano visitati, nutriti e coccolati.
La dottoressa stava per mettersi al lavoro quando vide una massa scura che si avvicinava alla clinica.
Capì subito di cosa si trattasse: una creatura malvagia.
Consultò il manuale di biologia di Smith & Lovecraft ed ebbe subito l’atroce conferma: Bufoniformis Gigantis Tsathogguensis.
“Chi posso chiamare? Quel mostro distruggerà la clinica con me e tutti gli animaletti dentro!”
La dottoressa si attaccò al telefono e fece il numero dell’USB, Unione Supereroi Brianzoli. Ma dall’altro capo del filo le rispose solo una segreteria telefonica:
«Siamo spiacenti, tutti i supereroi sono impegnati nelle riprese del nuovo reality SuperBrianza.»
«Maledetti supereroi! Non ci sono mai quando servono!»
Allora la dottoressa chiamò l’Associazione Volontari.
«Ho bisogno di aiuto! Un rospo gigante…”»
«Mi dispiace ma siamo impegnati con il mercatino, richiami il mese prossimo.»
A quel punto la dottoressa Polda telefonò al parroco.
«Gianfranco» rispose una voce.
«Cerco il parroco»
«Sono io, don Gianfranco!»
«Ah, ecco. Senta ho un’emergenza alla clinica veterinaria, mi servono dei supereroi con una certa urgenza, lei ne conosce qualcuno?»
«Non conosco supereroi, mi dispiace. Mi faccia pensare… c’è una mia parrocchiana che dice che il figlio ha in casa dei folletti. I folletti possono andar bene?»
«In assenza di supereroi mi accontento dei folletti. Li mandi subito alla clinica! Qui si mette male!»
Don Gianfranco posò la cornetta e cercò l’agendina coi numeri di telefono.
La sua parrocchiana si era spesso confidata con lui. Il figlio, fin dai tempi in cui era iscritto all’università, aveva iniziato a parlare con dei folletti e in breve la casa si era riempita di queste strane creature.
La signora era preoccupata ma il parroco non aveva potuto fare granché. Da anni il figlio risiedeva a Milano e si era portato i folletti nella nuova casa, ma da alcuni mesi era tornato ad Albiate per lavorare da remoto e i folletti erano ricomparsi. Nonostante l’età, gli studi e la carriera, il figlio continuava imperterrito a parlare con i folletti.
Compose il numero e attese. Sperava davvero di poter aiutare la clinica e i suoi animaletti.
Geggio stava seduto al computer nella sua veste professionale: giacca e cravatta sopra, pantaloni del pigiama sotto, dove la webcam non riprendeva. Sua mamma bussò alla porta.
«Geggio, don Gianfranco mi ha chiamata molto preoccupato… ci sarebbe un rospo alla clinica veterinaria … chiedeva se è possibile fare qualcosa…»
«Un rospo? Mamma io ho una call con New York tra 10 minuti e poi c’è un webinar sul Fintech, che posso fare io?»
«Potresti mandare i Pinzy…»
«Ottima idea! Pinzy vedete voi se potete aiutare questa veterinaria.»
I PinzyRipinzy saltarono immediatamente fuori dall’armadio. Sembravano dei coniglietti panciuti, colore blu, con le orecchie dritte sopra la testa e baffi simili alle vibrisse dei gatti.
«Possiamo prendere la macchinina?»
«No Pinzy, siete dei guidatori troppo scapestrati!»
La mamma intervenne:
«Geggio, si tratta di un’emergenza…»
«Va bene. Ok. Vada per la macchinina. Cercate di non combinare casini. Adesso andate, ho una riunione di lavoro.»
I Pinzy erano stati interdetti dall’uso della macchinina da quando erano usciti di strada a folle velocità. Avevano però imparato la lezione. Si misero a pedalare tutti e quattro con tutta l’energia cha avevano, attraversarono il centro di Albiate, la discesa del Cip vicino alla villa Caprotti.
Appena arrivati nei campi tra Albiate e Carate videro la sagoma oscura di Gegebomba.
Fu subito chiaro cosa dovevano fare: fermare quell’essere mostruoso prima che distruggesse la clinica con tutti gli animaletti dentro.
Il Pinzy con i baffi storti tentò un approccio cortese, come gli aveva insegnato Geggio: «Signora Gegebomba per favore potrebbe lasciare stare i nostri amici animaletti pelosetti?»
La risposta del gigantesco rospo fu uno sberlone che scagliò il Pinzy in mezzo al campo.
«Uacca patacca, qui si mette male!» dissero gli altri pinzy.
Cominciò allora una terribile battaglia tra Gegebomba e i Pinzy.
Tutto quel trambusto aveva svegliato dal riposino quotidiano gli ospiti della casa di riposo “Villa dei pini”. I vecchietti si erano affacciati alla finestra e avevano assistito alla scena. Dapprima spaventati dalla massa amorfa di Gegebomba, avevano in seguito preso coraggio e sporgendosi dalle finestre avevano cominciato a fare il tifo per i Pinzy.
«Forza Pinzy! Non fermatevi! Attenti! Maledetta Gegebomba!»
Tutti tranne il signor Aldo, che era un po’ confuso e credeva che Gegebomba fosse dalla parte dei buoni.
Purtroppo, i Pinzy stavano perdendo.
Il Pinzy con i baffi storti ebbe un’idea: avrebbe chiamato a casa con il pinzyfonino e chiesto aiuto.
Era la loro ultimissima speranza.
Come vedete cari bambini, c’è sempre speranza.
La mamma bussò alla porta di Geggio.
«Listen, the average projections show a 20% rise in the number of cases…»
«Geggio…»
«Excuse me for a second, I have a minor issue here…»
Geggio schiacciò il tasto del muto.
«Mamma, eccheccavolo! sono al telefono con Londra!»
«Geggio è un’emergenza! I Pinzy hanno chiamato, sono nei guai …chiedono aiuto…»
«Questi cavolo di Pinzy non sono capaci di fare nulla, mannaggia a loro!»
Geggio aprì l’armadio dei folletti.
C’era il Bambazinzo in letargo, non si sarebbe svegliato per almeno un altro mese.
Il Punfarillo era arrivato da poco, non si sapeva ancora orientare. Inutile.
Ecco: Sbilfo. Era quello giusto.
«Senti Sbilfo, devi andare subito a dare una mano ai Pinzy, sono in difficoltà.»
Sbilfo era una creatura chimerica, generata dal mare dei sogni. Sembrava un incrocio tra un gatto a pelo lungo, ma lungo lungo, e un tanuki, il simpatico procione giapponese.
Era arrivato nella casa attirato dal richiamo dei Pinzy e dopo qualche screzio iniziale erano diventati grandi amici.
Sbilfo corse sul tetto della casa, dov’era ancorato il suo aquilone. Usava infatti quello per spostarsi.
Gli piaceva volare sopra i paesi e far visita ai suoi amici.
Eccolo lì, in pochi minuti stava sorvolando i tetti di Albiate, il Cip, i campi in direzione di Carate.
All’orizzonte vide la sagoma nera di Gegebomba: non c’era dubbio che fosse quello il nemico terribile che minacciava i suoi amici Pinzy.
Sbilfo puntò l’aquilone verso l’orizzonte e spostò il peso in avanti per far prendere velocità.
Purtroppo Sbilfo pur animato da buone intenzioni non aveva considerato tutte le possibilità: l’aquilone si impigliò nei cavi dell’alta corrente, fece un giro su sé stesso e il povero Sbilfo fu sbalzato in aria e cadde pesantemente in un fossato pieno di fango con un sonoro Splof !
È così nella vita: a volte abbiamo amici affettuosi, ma se sono dei buoni a nulla non ci aiutano.
I Pinzy erano rimasti soli nella loro battaglia ed erano esausti per gli sberloni ricevuti da Gegebomba.
La situazione appariva adesso davvero disperata.
Finalmente libera dai Pinzy, Gegebomba si allontanò dalla clinica per prendere la rincorsa e sfondare le mura col suo peso.
Ma nel farlo, con la coda dell’occhio vide un movimento.
Un nuovo nemico? No, era l’aquilone di Sbilfo che volteggiava nel cielo.
Gegebomba non poteva sopportare qualcosa di allegro come l’aquilone: vedere la gioia degli altri la faceva sempre arrabbiare. È così che sono fatte le creature meschine.
Si mosse repentina per afferrarlo e dopo qualche goffo tentativo, riuscì a ghermire l’aquilone per strapparlo in mille pezzi.
Ma l’aquilone di Sbilfo era ancora collegato ai cavi dell’alta tensione.
Fu un istante: Gegebomba prese una scossa da mille volt, si illuminò tutta diventando viola, giallo, arancio, rosso incandescente.
Gli anziani nella residenza videro il corpo nero di Gegebomba illuminarsi in un lampo, mentre lo scheletro compariva sotto la pelle nera e squamosa.
La corrente elettrica ebbe uno sbalzo e le luci si affievolirono in tutta Carate e Albiate.
La terribile Gegebomba era stata sconfitta: si sarebbe ritirata nelle fogne sotto la città, per non uscirne più per molto, molto tempo.
Cari bambini come avete visto, le persone malvage attirano su di loro la rovina.
La dottoressa Polda organizzò una festa a base di pasticcini per ringraziare i Pinzy. Invitò anche i vecchietti della casa di riposo, persino il signor Aldo che era rimasto male per Gegebomba.
Festeggiarono tutti insieme.
E Sbilfo?
Alcuni bambini che stavano facendo una passeggiata lo trovarono nel fosso, ricoperto di fango. Lo portarono a casa, lo lavarono e spazzolarono con cura e diventarono grandi amici.
Col tempo ebbero molte mirabolanti avventure insieme.
Ma questa è un’altra storia, che racconteremo la prossima volta.
I PINZY CONTRO GEGEBOMBA è un racconto di Sergio Besana