IL CIRCO VUOTO di Antonello Scasseddu
Dentro un tendone da circo, vuoto delle suppellettili proprie del circo, sei strane persone si confrontano tra loro ognuna con un’esibizione.
C’è colei che sembra il direttore, che muove le mani come se stesse dirigendo un’orchestra e con le dita forma bellissimi disegni.
C’è il finto clown, che fa una smorfia dopo l’altra: è il suo modo per non far pesare agli altri la sua vera espressione.
C’è la finta equilibrista, che cammina instabile coi suoi libri sulla testa, simboli dei pesi che si porta dietro.
C’è la cavallerizza che su un cavallo immaginario cavalca con fierezza scuotendo la sua treccia di capelli immaginaria, tagliata come atto d’amore, simbolo di dolore ma soprattutto di speranza.
C’è la finta fantasista che non ha più numeri di destrezza da esibire, ha gli occhi belli da cui scendono lentamente lacrime colorate, segno di mille gioie e dolori che non vuole più trattenere.
C’è il finto prestigiatore che disegna cerchi nell’aria, sempre più grandi, che vorrebbe riuscire a materializzare in un grande abbraccio con tutti loro dentro.
L’ atmosfera vista dal di fuori sembrerebbe greve (non so perché io il circo non l’ho mai trovato allegro), ma non è così. Ognuna di quelle persone, nonostante il peso che si porta dietro, trasmette bellezza.
Colei che col movimento delle mani sembra dirigere quella strana orchestra, si ferma. In successione lo stesso fanno gli altri. Ciascuno di loro prende una sedia, qualcuno c’è l’ha già come parte integrante della propria vita, ora sono tutti seduti formando un cerchio.
Ognuno prende la mano di chi ha accanto, hanno tutti gli occhi chiusi e un sorriso sul volto. Rimangono così per un tempo interminabile.
Quando riaprono gli occhi hanno la consapevolezza che i loro problemi non sono spariti ma, soprattutto grazie a colei che è per tutti loro un punto di riferimento, hanno la certezza che qualsiasi cosa capiterà non saranno mai soli e che quel momento magico sarà una panacea per quando ne avranno bisogno.
Uno spettacolo ed esempio d’amore, celebrato nell’intimità di quelle sei persone, un rito magico che tutti i presenti vorrebbero rappresentare più spesso, per celebrare amore, solidarietà e accoglienza.
Il circo, ora, non rappresenta più un sentimento di tristezza ma un luogo talmente intimo che vorrei tenere tutto per noi.
IL CIRCO VUOTO è un racconto di Antonello Scasseddu
dello stesso autore “IL DOLORE NON HA SENSO”