IL DONO di Samuela Piloni
genere: FANTASY
Vedo delle bellissime colline verdi che si affacciano nel cielo azzurro grigio quasi piovoso e sento le onde del mare infrangere il silenzio con il loro sbattere gli scogli preannunciando la pioggia.
Mi piace stare qui seduta sul promontorio a guardare l’oceano e sentire i suoni e gli odori che porta con sé.
In questo luogo regna la pace, mentre nel mio paesino regna la paura e la voglia di ribellione si sente a fior di pelle.
Sono più di cento anni che in Scozia danno la caccia alle streghe e a tutti coloro che praticano la cosiddetta magia. Io ho solo otto anni e non capisco molto cosa sia la magia, sento i miei genitori che ne parlano a voce bassa e si guardano attorno come avessero mille occhi che li spiano quando affrontano l’argomento, in particolare mia madre, perché fa parte di un gruppo di donne che praticano la guarigione con le erbe che in tutto il paese è proibito, pena la morte al rogo.
*****
Mia madre è scozzese di origine celtica e mio padre un vero irlandese D.O.C.
La prima volta che si sono visti era ad un raduno del villaggio che festeggiava il solstizio d’inverno, circa una decina di anni fa e mi affascina sempre sentire il loro racconto di quando si sono conosciuti.
É stato amore a prima vista.
Mia nonna per l’occasione aveva confezionato un vestito speciale per Lei. Tutta vestita di bianco e con in testa la corona di alloro in fiore adornata da nastri bianchi, si presenta con le sue amiche alla festa dello Yule celtico; un’usanza che al compimento del ventunesimo anno di età, in occasione del solstizio d’inverno, si presentano tutte le novizie alla festa per diventare Druide e scegliere marito per poi sposarsi.
Mia nonna, quasi centenaria, un’anziana Druida, aveva il dono di leggere le rune e di parlare con gli spiriti degli elementi e della natura. Lo aveva tramandato a mia madre, che imparò ad usare le erbe mediche per guarire le persone, beneficiare raccolti, sposalizi e nascite.
Mio nonno paterno, invece, per l’occasione, aveva dato a mio padre un ultimo avviso di trovare moglie, perché alla sua età tutti erano già sposati e con figli, compreso lui. Quindi gli aveva dato il miglior cavallo, delle monete preziose e una spada forgiata dai migliori maestri ferrai di cui faceva parte e ne era il fondatore.
Mio padre allora venticinquenne, era andato a quel villaggio e allo stesso Yule di mia madre in cerca di moglie da bravo irlandese, su suggerimento del proprio padre.
La festa ha inizio con lo svolgere di vari passaggi di rito per ringraziare la notte e il giorno avvenire, animandosi poi con canti e balli.
Fu proprio nel momento dei canti, che mia madre intonò una melodia tipicamente celtica, e mio padre si accorse di lei. Aveva una voce così umile, la definiva lui, pura e melodica che catturò il suo cuore.
Si presentò a lei con quel poco che il padre gli aveva dato.
Mia madre lo guardò fisso negli occhi e vide in fondo alle sue pupille una luce calda e accogliente di un piccolo focolare con loro due e una bambina in fasce. Accettò i doni e comunicò alla mamma che aveva trovato marito.
Nonna, prima di fare le congratulazioni alla figlia, volle leggere la mano dello sconosciuto, che la trovò piena di cose buone, e così decise di dare a loro la sua benedizione.
Una favola da Cenerentola.
Un sogno.
Il destino.
*****
Quando vengo qui al promontorio e guardo oltre l’oceano ripenso spesso al racconto dei miei genitori, perché sognare fa crescere la voglia di essere una persona di grandi capacità e pronta a qualsiasi avventura.
Mentre la situazione in Scozia sta peggiorando di giorno in giorno, le persone sono tristi e hanno paura per i loro figli.
La nonna dice che si è sparsa la voce che nel nostro paesino qualcuno a che fare con le arti magiche, e secondo lei dobbiamo trovare un altro luogo per metterci in salvo. I miei genitori non vogliono lasciare questo villaggio, lo faranno solo se sarà necessario. Di conseguenza decideranno cosa fare ora. A questo pensiero, mi assale un momento di sconforto, i miei occhi si inumidiscono, con il dorso della mano cerco di asciugare le lacrime che aumentano in un pianto triste, liberando così tutta la mia paura; tra un singhiozzo e l’altro sento il cuore alleggerirsi e il sorriso prende posto sul mio viso.
Ora mi sento meglio e sono pronta a tornare a casa.
Quando arrivo vedo mamma che sta preparando la cena, mentre papà è fuori a caccia con gli amici.
É quasi il tramonto e non tarderà molto ad arrivare, lei è sempre bella e radiosa, infonde calma e serenità ed io le voglio un gran bene.
“Finalmente sei tornata Ginevra, dove sei stata?”
“Sei stata ancora al promontorio?”
“Lo sai che è pericoloso?”
“Vai a lavarti le mani e vieni ad aiutarmi per la cena!”
“Si mamy, ti voglio bene.” Rispondo.
Mi lavo le mani e l’aiuto a tagliare le patate che sarà il contorno di uno splendido coniglio che mio padre ha portato a casa per cena come ogni domenica.
Domani devo andare a scuola quindi questa sera, vado a letto presto come gli altri giorni, tranne il sabato che posso stare sveglia un po’ di più.
Finito di sistemare il dopo cena, mamma mi raggiunge nella mia camera, mi rimbocca le coperte e mi bacia la fronte come fa tutte le sere, ma questa sera, è diversa dalle altre; decide di intonare un canto melodico per me, una ninna nanna, accarezzandomi dolcemente il viso e la testa.
Mi addormento e lascio i sogni fluire uno dopo l’altro, finché un raggio di luce tenue che filtra dalle fessure del balcone della camera, mi sveglia ed è mattino. Siamo in primavera la stagione dove tutto rinasce e fiorisce come me, anch’io sono nata in primavera!
Tra qualche giorno, è il mio nono compleanno chissà mamma cosa avrà pensato di fare per me! Comunque, oggi scuola, quindi via, ci si alza si fa colazione e si parte.
Lungo la strada che porta alla scuola si uniscono a me i miei compagni e la mia migliore amica Annie, una bambina simpatica che porta sempre i capelli in trecce, lei è molto educata, al contrario di me, sempre scapigliata e con modi mascolini come dice la nonna, ripetendomi continuamente, che il nome Ginevra s’addice ad una giovane nobildonna ben educata, con dolci grazie, essendo la dea della bellezza, e non di una povera bambina selvaggia come me. Chissà mai cosa vorrà dire nonna, così le do ragione, promettendo che da grande sarò come mamma. Lei di risposta borbotta qualcosa sorridendomi compiaciuta.
Arriva il giorno del mio nono compleanno ed è anche domenica.
Mamma cucinerà un pranzo speciale per noi e la nonna, in più ci sarà una torta tutta per me.
Adoro le torte di mamma!
“Ginevra puoi venire qui ti devo parlare!”
“Arrivo.”
“Oggi per la tua festa dovrai indossare il vestito bianco che ti ho preparato e dovrai pettinarti sciogliendo i nodi nei tuoi capelli per poi farti la treccia. Metterai la corona intrecciata di piccoli fiori bianchi e azzurri.”
“Mamma… devo proprio farlo?”
“Perché la mia famiglia è diversa dalle altre dei miei compagni?”
“Perché non posso essere come loro?”
“Bambina mia, te l’ho già detto molte volte che tu sei speciale come la nonna e me, e poi si tratta solo di una piccola cerimonia che con il tempo imparerai ad apprezzare perché ti farà conoscere un nuovo mondo. Fallo per me, mia dolce Ginevra.”
Mi dà un bacio sulla guancia, mi invita a salire in camera aiutandomi a vestirmi e pettinarmi, mentre nonna fuori in giardino prepara un piccolo altare che servirà al rito per la mia incoronazione.
Scendo le scale e, con meraviglia, vedo papà con il vestito buono per le cerimonie che mi prende sottobraccio e mi accompagna in giardino.
Nonna è lì che mi aspetta visibilmente emozionata e mamma sembra una principessa.
Qui è tutto pronto per la mia prima festa.
Mamma e papà si sono seduti vicini dietro di me, mentre io sono in ginocchio e rivolgo il viso al sole. Nonna comincia il rituale accendendo una candela che simboleggia il fuoco, e ne chiede la sua benedizione, prende l’acqua di fonte e fa la stessa cosa, poi con la terra con i suoi semi e frutti ed infine l’aria con i suoi spiriti della natura. A questo punto fa dei segni attorno a me e recita alcune preghiere in lingua celtica, che capisco a mala pena. Porgendomi la corona di fiori in testa, mi invita ad alzarmi. A questo punto ringrazio tutti gli elementi e il grande sole, promettendo di essere sempre fedele ai principi che nonna mi ha letto.
Sono emozionata e un po’ confusa, mi sento calda e fredda nello stesso momento; i brividi mi salgono dai piedi fino alla testa, il mio udito si espande a nuovi suoni e vibrazioni quasi impercettibili. La vista si annebbia per qualche istante, poi il sole torna a risplendere con una luce ancora più calda e viva. Tutto questo accade in pochissimo tempo, mamma e papà mi abbracciano per primi e poi lo fa nonna chiedendomi se sto bene, ed io le dico di sì.
Finalmente tutti a mangiare e a festeggiare.
In un momento di pausa mentre i miei genitori e nonna mettono a posto le cose in giardino, penso a quello che mi ha detto mamma questa mattina, conoscere un mondo nuovo.
“Toc toc”: bussano alla porta.
Vado ad aprire è la mia amica Annie si presenta con altri miei compagni tenendo in mano un regalo. Abbandono tutti i miei pensieri e abbraccio Annie con impeto che quasi la butto a terra!
Sono così felice che ci siano anche loro che mi dimentico di farli entrare, così Annie mi fa notare che sono tutti lì che aspettano solo di varcare la porta. Sorrido imbarazzata!
Mamma arriva in soccorso e li fa entrare e accomodare attorno al tavolo pronta per tagliare la torta. Uno, due, tre, e soffio sulla candela mentre gli altri applaudono felici.
Penso che questo sia il miglior compleanno della mia vita fin ora! Apro il regalo, che è anche l’unico, e con mia sorpresa trovo un piccolo bracciale fatto di perle del nostro oceano; sono bianche con sfumature azzurre, sicuramente un’idea di Annie, solo lei mi conosce bene ed è anche l’unica che si accorge che sono vestita e pettinata come una piccola principessa.
Opera della mamma le dico, e mentre lo dico, penso che questo giorno, è il regalo che i miei genitori hanno fatto per me.
Il resto della giornata lo potete immaginare!
Siamo già tutti a letto, è stata una splendida domenica e mamma per me è stata la migliore, come sempre del resto, anche papà è stato tutto il giorno premuroso e anche questo mi ha fatto piacere.
I giorni a seguire la nonna veniva a trovarci tutti i giorni e chiedeva a mia madre se stessi bene e se manifestassi qualche dono.
La mamma per tutta risposta scuoteva la testa come a dire no.
Circa un mese dopo il mio compleanno mamma una domenica mattina presto, mi porta con sé nel bosco a fare una passeggiata, per raccogliere qualche erba medica e qualche bacca per le sue pozioni guaritrici. A mano a mano che trovava le piante giuste per i suoi ingredienti, mi spiegava cosa sono e il loro uso. Ascolto con attenzione, mi piace quello che sto imparando.
Con il tempo, cioè nelle domeniche successive, cominciavo ad annoiarmi un po’! Preferivo starmene a letto la mattina invece di alzarmi presto, solo perché le erbe dovevano essere raccolte con la rugiada!
Mamma lo capì e una domenica mattina mi lasciò a casa.
Si avvicinava l’autunno ed io non manifestavo ancora nessun dono.
Nonna si stava convincendo che ero una bambina come le altre e non una speciale, come la sua di bambina! Anche mamma si stava per rassegnare, ma volle continuare a credere che qualcosa di speciale c’era in me e che il dono si sarebbe manifestato prima o poi trovando il modo e l’occasione più propizio, lo sapeva, lo aveva visto, durante il periodo della gravidanza.
Nel frattempo, le cose in Scozia stavano peggiorando, il villaggio si stava svuotando perché la gente aveva paura di essere uccisa per un pezzo di pane.
L’estate passò in fretta e papà decise di portarci in Irlanda dove era nato. Anche se il nonno non c’era più, la sua casa c’era ancora, ed era sua di diritto.
Il viaggio dalla Scozia all’Irlanda è stato lungo e faticoso, con un carro trainato dal cavallo di papà e con le poche cose che potavamo portarci. La casa del nonno si presentava trascurata ma solida, quel poco mobilio esistente era da sistemare e pulire. Era tutto brutto e sporco non volevo abitare qui, ma ero così stanca del lungo viaggio, che l’idea di ritornare indietro in Scozia, era peggiore che starsene qui in quella casa!
La sera fummo ospitati da vecchi amici di papà e l’indomani cominciammo a ripulire la casa del nonno. A me fu dato il compito di pulire la stanza che avevo scelto per essere la mia, che poi era la camera di papà quando viveva con i suoi genitori. Fu piuttosto facile fare le pulizie, perché a parte un letto e uno scrittoio, la stanza era solo polverosa e piena di ragnatele, molto diversa dalla mia stanza nella casa in Scozia! Da lì avevamo portato solo un baule con il vestiario, i libri inseparabili di mamma e qualche utensile domestico. Mamma, da tempo ormai, aveva perso il suo sorriso splendente e papà sembrava molto più preoccupato del solito. Cercavo di aiutarla il più possibile ma questo non bastava ad alleviare i suoi stati d’animo.
Allora ho cominciato a pensare che fosse tutta colpa mia che tutti erano tristi, perché non avevo il dono di cui parlava la nonna.
Ci siamo sistemati bene alla fine e l’autunno si presentò in perfetto stile, con folate di vento gelido, alternate a giorni di caldo tiepido. Le foglie dapprima verdi presero a colorarsi di rosso e poi giallo e poi marrone e caddero inesorabili lasciando i rami spogli, come nude braccia in cerca di sole per riscaldarsi. Pensavo che la scuola, nel mio paesino in Scozia, dovesse essere iniziata da un po’, ma i miei genitori non accennavano a ritornare a casa. Mio padre aveva un nuovo lavoro, faceva l’intagliatore di legno da un artigiano, mentre io e mamma a casa, facevamo intrugli curativi con le erbe mediche che avevamo raccolto questa primavera nel bosco vicino alla nuova casa nostra.
A mamma, la nonna mancava tantissimo, si tenevano aggiornate scrivendosi lettere il più possibile, anche se i tempi di consegna erano lunghi e alquanto pericolosi.
Arrivò l’inverno e capii che in Scozia non ci saremmo più tornati. Mamma si era fatta conoscere anche qui come curatrice, in questo villaggio dell’Irlanda del sud; aveva aiutato le persone che non si potevano permettere le medicine tradizionali, in cambio di cibo o di altre cose che potevano donare.
Ricordo una domenica sera in particolare, perché mamma si stava preparando al solstizio d’inverno da giorni. La settimana che precedeva la domenica in questione, mamma e papà parlavano che sarebbe arrivata la nonna a festeggiare con noi e sarebbe rimasta qualche giorno.
Finalmente l’avrei rivista sorridere!
La domenica mattina invece della nonna è arrivato il postino con una sua lettera. Papà aprì il foglio e lesse ad alta voce quello che c’era scritto:
“Cara figlia mia, con molto rammarico non ho potuto essere lì con voi in questa meravigliosa festa dello Yule, qui nel nostro paesino siamo rimasti in pochi e credo che la sorte per me sia oramai alle porte. Si mia cara, i predatori assassini hanno portato via molte famiglie, uccidendole con una tale brutalità che sembrava il Male in persona a commettere queste crudeltà. La mia porta è stata segnata come colei che pratica arti oscure e ben presto sarò giustiziata come prevede la loro legge. La mia età e il mio stato di vecchiaia non mi permettono la fuga; quindi, rimarrò qui in attesa e pregherò per voi che possiate avere una vita felice nella vostra nuova casa.”
Mamma a queste parole si raggelò, lo sguardo è impietrito. Quasi incredula, si raggomitolò su sé stessa davanti al camino e pianse tutto il giorno in silenzio.
Io ero frastornata, non sapevo niente, non mi avevano detto niente! Siamo scappati dalla Scozia? Ci siamo rifugiati qui lasciando la nonna come scudo e come preda per non fare la stessa fine delle altre famiglie?
Quindi è colpa mia, se io avessi il dono, avrei potuto salvare la nonna e la mia famiglia! Presi il coraggio di parlare a mio padre dicendogli:
“È colpa mia se la nonna verrà uccisa, è colpa mia se siamo qui, è colpa mia se la mamma sta male, è colpa mia se non ho il dono che speravate, è tutta colpa mia!”
Avevo gli occhi pieni lacrime e il cuore pieno di rabbia.
Papà mi abbracciò dicendomi che non avevo nessuna colpa in tutto ciò, che la decisione di trasferirsi l’avevano presa da tempo e che la nonna aveva deciso così per il nostro bene. Mamma mi offrì un posto accanto a lei davanti al camino acceso ed insieme cantammo la preghiera che nonna ci aveva insegnato per portare la serenità nei nostri cuori. Abbracciai la mamma più forte che potevo, volevo farle sentire tutto il mio amore. Lei smise di piangere e mi guardò in un modo che prima di allora non aveva mai fatto e mi disse:
“Avrò cura di te mia piccola principessa, basta piangere e essere tristi, è ora di riprendere in mano le sorti della nostra famiglia.”
Anche mio padre partecipò a questa promessa. Armati di questa nuova fede ci unimmo al villaggio per festeggiare lo Yule tutti insieme.
I giorni a seguire, grazie alle parole della lettera di nonna, la famiglia era più unita e i miei genitori parlavano apertamente senza nascondermi più nulla.
Siamo alla fine dell’anno, nessuna notizia e lettera di nonna. Noi pensiamo al peggio, e il peggio si è presentato la notte del 31 dicembre. Mamma si sente male, ha la febbre molto alta e una strana sensazione come se stesse bruciando. Io e papà siamo nel panico non sappiamo cosa fare, è sempre stata lei il medico di casa. Cerco tra i barattoli e le erbe in cucina qualcosa che la possa aiutare almeno ad abbassare la febbre, e trovo un vasetto con scritto per la febbre e preparo subito un decotto come mi ha insegnato.
Mentre papà le tiene la fronte fresca con un panno umido io le porgo la tazza con l’infuso che ho preparato che lei cerca di bere a piccoli sorsi. Sembra che quello che stiamo facendo funzioni. Mamma si addormenta. Papà mi manda a letto ma io non voglio lasciare la mamma, voglio rimanerle a fianco, starle vicino e farle sentire il mio amore.
“Ci sono io” dice papà.
“Se qualcosa cambia ti chiamo subito!”
Vado in camera mia e non riuscendo a dormire recito le mie preghiere e canto sottovoce la preghiera della nonna. Dalla camera dei miei genitori sento solo silenzio, decido di andare a vedere lo stesso.
Mio padre si è addormentato nella sedia accanto al letto, mentre lei è riversa nel letto senza coperte e si agita come se stesse cercando di liberarsi le mani e i piedi legati.
Improvvisamente urla di dolore escono dalla sua bocca, mio padre svegliatosi, si avvicina cercando di calmarla accarezzandole la testa come si fa ad una bambina impaurita. La notte lascia il posto alle prime luci dell’alba e mamma accenna a calmarsi. Papà è esausto. Mentre io sto pensando, e ho paura, che abbia un brutto male.
Oggi è il primo gennaio.
Mamma si riprende, ritorna il suo colorito in viso, apre gli occhi e tutto sembra finito, tranne per un particolare, la nonna è morta; questa è la prima cosa che ci dice al suo risveglio. Ci spiega che delle persone incappucciate l’hanno presa e portata nella piazza del villaggio, giudicata colpevole di stregoneria, legata al palo del rogo e datole fuoco. Poi hanno bruciato la sua casa e tutto il resto di quel che rimaneva del villaggio.
Ci fu un intenso momento di silenzio tra noi, poi di nuovo:
“Capite cosa hanno fatto!”
“Hanno bruciato viva la nonna!”
“Solo perché curava i malati con le erbe che raccoglieva nel bosco dove viveva la stessa povera gente. Faranno lo stesso anche con me quando mi troveranno mi bruceranno al rogo!”
Non capivo. Il suo racconto e le sue paure mi sembravano strane.
Come poteva mamma aver visto e vissuto la morte di nonna? Chiesi a papà una spiegazione mentre ci preparava la colazione. Mi disse che la famiglia di mamma aveva un dono speciale che si tramandava da generazioni di madre in figlia.
“Parli di quel dono che nonna aspettava che avessi anch’io?”
“Si Ginevra, tua mamma ce l’ha. Io non te ne posso parlare, solo mamma può farlo.”
Era ora di mettere fine a questo segreto.
Andai di sopra da mamma e decisa le chiesi di raccontarmi tutto.
Lei cominciò allora a parlarmi della bis-bis-bis nonna Freya. Chiamata così perché quando è nata sono sbocciati tutti i fiori in giardino e gli animali del bosco si sono riuniti attorno alla casa in segno di riconoscenza e benvenuto. Lei era bellissima con quella sua luce meravigliosa. Tutti si innamoravano di lei solo nel guardarla e si dice che aveva il tocco magico di guarire piante animali e persone. Faceva dei sogni particolari che avvolte si avveravano e altre volte no. La figlia della bis nonna aveva gli stessi doni, con un particolare in più, riusciva a vedere gli spiriti delle persone morte che le chiedevano di portare il loro messaggio ai propri cari, e questa era la nonna, mia nonna Brigitta.
“Mi vuoi dire che tu parli con gli animali?”
“No, piccola mia, non parlo né con loro né con gli spiriti, però faccio sogni che fanno vedere il passato o il futuro. Non sono io a decidere quando farli, sono loro che si presentano a me, ed ecco perché siamo venuti a vivere qui in questo villaggio, perché l’ho visto in un sogno!”
“Forse mio tesoro, sei ancora piccola per il tuo dono, lui aspetta che tu possa essere pronta per capirlo e riceverlo.”
Scendiamo insieme a fare la colazione che papà ci ha preparato. Nel pomeriggio poi, con la mia famiglia, facciamo una piccola cerimonia per dare l’ultimo saluto a nonna Brigitta e ricordarla sempre nei nostri cuori.
Diciannove gennaio il giorno del mio onomastico.
Mi succede una cosa strana. Sono in cucina e sto leggendo il diario che nonna diede a mamma prima di trasferirci qui, che racconta la storia della nostra famiglia. Sulla copertina di velluto verde è ricamato in color oro la scritta Famiglia Rothenam. Tocca a mamma ora a scrivere di nonna, come io dovrò scrivere di lei quando non ci sarà più e spero mai!
Mamma mi sta dettando le generalità di nonna Brigitta da scrivere nel libro e improvvisamente sento un lieve soffio alle spalle e una voce flebile che parla vicino al mio orecchio.
Mi giro pensando fosse mamma ma lei sta continuando a fare le sue faccende.
Allora penso sia stato il vento, forse la porta aperta o la finestra sono aperte, ma è tutto chiuso.
Riprendo a scrivere e questa volta, la voce che sento, è bella che chiara e dice di essere nonna Brigitta.
“Hai sentito anche tu?”
Chiedo a mamma che è lì tutta indaffarata nei suoi pensieri.
“Sentito cosa?” Mi risponde
“La voce di nonna!”
“Ma come è possibile!”
“Cosa ti sta dicendo?”
“La vedo è qui al mio fianco, la vedo in trasparenza, attorno a lei c’è una luce meravigliosa, ci sta dicendo che va tutto bene, che ci ama tanto e ci dà la sua benedizione.”
“O tesoro mio, la nonna ha scelto te per manifestare la sua presenza, in cuor suo sapeva che sei speciale, ora anche tu sei diventata una Druida della famiglia celtica Rothenam!”
Lo spirito della nonna ci chiede di unirci in cerchio a lei tenendoci per mano così può concludere il suo passaggio nella casa degli spiriti. Mi trasmette i suoi doni speciali e mamma intona la melodia del suo ventunesimo compleanno, così il cerchio si chiude. L’alone di colori che attornia nonna si fa sempre più intenso, ci avvolge, è caldo e bellissimo, siamo ora un tutt’uno, una sola persona.
Questo è il segreto della mia famiglia che dovremmo custodire e tramandare di generazione in generazione finché la nostra stirpe sopravviverà.
IL DONO di Samuela Piloni
genere: FANTASY