IL FIORE DEL MALE di Luisa Zilo (parte seconda)

genere: THRILLER

CAPITOLO 5

Quel pomeriggio, seduto alla scrivania davanti ad un fascicolo che cominciava a riempirsi di materiale, Diego sembrava non aver pace. L’agente Santino, seduto più lontano, ad un’altra scrivania, lo guardava con inquietudine ma non osava aprir bocca.

Malaspina stava aspettando ancora gli esiti delle analisi sul rossetto della bocca che sembrava essere la causa dell’avvelenamento del professore, perché vi si erano trovate tracce dello stesso veleno che era anche sulle labbra e soprattutto nella mucosa interna della bocca del morto. Quella parte di analisi, quella cioè riguardante il tipo di veleno, era già stata fatta ma a lui interessava sapere, oltre alla quantità, se su quel biglietto come anche sulla scatola di cioccolatini e sull’incarto vi si potevano trovare tracce di DNA perché allora avrebbe potuto paragonarlo con quello dei sospetti. È vero che ancora non si poteva parlare di sospetti, ma prima o poi ce ne sarebbero stati; bastava darsi da fare e interrogare quante più persone poteva al Dipartimento e lui sarebbe riuscito a tessere la tela in cui far cadere le sue mosche. Possibile che nessuno sapesse niente della vita di Marco? Gli esiti dei primi interrogatori e delle domande fatte qua e là al Dipartimento non erano stati incoraggianti, ma era naturale che sulle prime tutti fossero un po’ diffidenti nei confronti della Polizia perché una parola detta per caso poteva dare il via a chissà quali illazioni. L’unica che aveva sempre parlato volentieri era Sonia ma, a parte qualche dritta di carattere puramente culturale che l’aveva messo su una strada che poteva essere percorribile, nemmeno lei aveva saputo dirgli niente della vita privata di Marco Sereni.

Ripensando all’ultimo colloquio che avevano avuto al bar (erano ore che ci rimuginava sopra), Diego non sapeva bene come interpretare le parole che lei gli aveva rivolto nel salutarlo: erano parole di scherno o di apprezzamento? Gli aveva cioè voluto far intendere che non aveva paura di lui perché era un incapace e non sarebbe mai arrivato alla verità oppure che lui era troppo gentiluomo per tormentarla con dei sospetti? In entrambi i casi la ragazza doveva sentirsi molto sicura di sé e a lui questo non piaceva: avrebbe voluto incuterle un po’ di timore, per lo meno metterle addosso un po’ di ansia. Questo l’avrebbe fatto sentire più importante, ma c’era sempre tempo per rimediare. Cercò di accantonare il pensiero di Sonia per il momento e di riordinare le idee per decidere le prossime mosse.

Dunque, se qualcuno gli aveva mandato una bocca impressa su di un biglietto e per di più questa bocca chiedeva di essere baciata, era logico supporre che quel qualcuno sapesse che Marco aveva una relazione e, dato che correva voce che lui non fosse un tipo tanto sentimentale da fare un gesto così romantico (e così ridicolo, pensava Malaspina), chi aveva mandato quel regalo di cioccolatini doveva anche sapere che il professore questa volta si era follemente innamorato, al punto di fare cose che non avrebbe mai pensato di fare. Tra l’altro, per il modo in cui era stato concepito il diabolico scherzo, tutto sembrava accusare la sua donna ma allora chi ne era l’artefice doveva essere incredibilmente ingenuo perché avrebbe dovuto sapere che non c’è nessuno che, volendo compiere un delitto, vi ponga la sua firma con tanta chiarezza. Quindi, intanto, si sarebbe potuta escludere l’amante, che non sarebbe mai stata così stupida da autoaccusarsi; d’altra parte, forse, non si voleva neppure puntare il dito contro di lei ma semplicemente indurre la vittima ad avvelenarsi in un modo tanto bizzarro quanto persuasivo.

Bene, adesso aveva le idee un po’ più chiare: si doveva partire dalla ricerca dell’amante e forse lei, con un po’ di fortuna, avrebbe condotto dritti al colpevole. Al tempo stesso occorreva non trascurare alcun sentimento di rancore, reale o supposto, nei confronti di Marco, che si potesse notare in persone che lo frequentavano o che comunque lo conoscevano. Per far tutto questo bisognava tornare al Dipartimento e cercar di tirar fuori dai colleghi di Marco quante più informazioni possibili; questa volta non avrebbe permesso loro di essere reticenti. Peccato però che ne mancassero ancora tanti: la pandemia, come si è detto, aveva abituato allo smart working e alla didattica a distanza e, in un mese di settembre che portava con sé una nostalgia di vacanza non pienamente goduta proprio a causa della situazione sanitaria, si tendeva ad approfittare delle nuove abitudini e dei nuovi metodi di lavoro per starsene a casa propria o addirittura nei luoghi di villeggiatura prescelti. Attendere il rientro in città delle persone assenti avrebbe forse allungato un po’ le indagini, ma questo per Malaspina non era un problema, almeno non questa volta. Di solito aveva fretta di concludere e di arrivare il più presto possibile alla soluzione, ma stavolta era diverso: aveva voglia di divertirsi un po’. D’altra parte, non è che ci fosse un caso di sospetto omicidio tutti i giorni, e comunque non tutti i casi venivano dati a lui, ma questo era particolarmente interessante e soprattutto erano interessanti alcuni testimoni, una in particolare. Insomma, questo caso se lo voleva godere.

Il mattino successivo si trovò a camminare, quasi senza accorgersene, verso il Dipartimento di storia; era stato soprappensiero fin da quando si era alzato e continuava ad esserlo. Aveva chiamato l’agente Santino per dirgli che non sarebbe arrivato in ufficio prima di pranzo e si era costruito mentalmente un elenco delle persone che avrebbe voluto interrogare. Non era ancora l’ora del cappuccino per Sonia, se aveva compreso correttamente le sue abitudini, e perciò non passò dal bar ma entrò direttamente in Istituto. Sonia però non c’era e non sarebbe nemmeno venuta quel giorno perché aveva preferito lavorare da casa, almeno così gli avevano detto i suoi colleghi quando aveva chiesto di lei. In realtà, nel rispondergli, avevano assunto tutti una certa aria tra il complice e il canzonatorio come se avessero capito che la ragazza era una testimone speciale; a nessuno di loro era sfuggito che il suo primo interrogatorio era stato più lungo degli altri e poi qualcuno l’aveva vista anche intrattenersi al bar con il Commissario. Lui rimase deluso da quell’assenza ma cercò di concentrarsi sugli altri nomi che aveva in lista. Il primo che avrebbe voluto vedere (Sonia, infatti, aveva progettato di tenerla per ultima, se fosse stata presente) era Marcello, ma nemmeno Marcello c’era e si supponeva che anche lui stesse lavorando da casa. Nel Commissario cominciò ad insinuarsi il sospetto che quella non fosse una semplice coincidenza e che quella duplice assenza nascondesse qualcosa di più profondo e di più sospetto: se tra i due ci fosse stata una relazione, allora anche lo sguardo che lui rivolgeva a Sonia avrebbe assunto un’angolazione diversa. D’altra parte, pensò spingendosi molto oltre nel ragionamento, lei non aveva mai fatto mistero di nutrire una grande stima per il professore, stima che sconfinava senz’altro nell’ammirazione e da qui ad un coinvolgimento sentimentale il passo è facile. Ma no, Marcello era sposato e pare che la moglie fosse anche molto bella, almeno questo era quanto era riuscito ad estorcere ai suoi colleghi fin dai primi colloqui avuti con loro perché non era un pettegolezzo ma una verità incontrovertibile. Ma che voleva dire? Anche Sonia era bella, o forse soltanto particolare, non banale, ma a lui piaceva così.

Tutti questi dubbi stavano bisticciando nella testa di Malaspina senza riuscire a dargli una risposta e il tarlo della gelosia si stava insinuando sottilmente in lui e rischiava di fargli perdere la lucidità di ragionamento che deve avere un poliziotto alle prese con un caso di sospetto omicidio, per di più abbastanza intrigante. Tuttavia, da qualche parte doveva pur cominciare e decise di farlo partendo da uno dei testimoni che aveva già interrogato la mattina in cui li aveva convocati tutti in Commissariato. Proprio in quel momento a Diego venne in mente che ancora non sapeva il nome del medico curante della vittima e quell’informazione era fondamentale per poter sapere di quali patologie soffrisse Marco, tali da aggravare l’effetto della colchicina su di lui, poiché si è detto che sulle labbra del morto (come pure sulle labbra impresse sul biglietto) non pareva esserci abbastanza sostanza velenosa per ammazzare una persona. Comunque, su questo punto era ancora tutto un po’ incerto e le analisi dovevano essere completate ma intanto Diego poteva portarsi avanti con il lavoro se solo riusciva a sapere chi era il medico di Marco. Questa volta però fu fortunato perché il Direttore soleva consigliare il proprio medico a tutto il personale del Dipartimento che arrivava da fuori e aveva bisogno di scegliersi un medico di base, risparmiando così ai nuovi arrivati il fastidio di doverselo cercare da soli. Anche Marco, che pure non era un fuori sede, si era lasciato convincere a cambiare e a passare a quello che oramai era diventato il medico del Dipartimento.

A quel punto, ottenuta la prima informazione che voleva, Diego passò alla seconda ma sapeva che questa sarebbe stata molto più difficile da estorcere, perché indicare una persona come possibile frequentazione di Marco avrebbe fatto rivolgere verso di lei i sospetti del Commissario.

Diego dunque cominciò, in modo molto cauto e abbassando il tono di voce, a chiedere se si sapesse in giro di una qualche relazione sentimentale della vittima, di una persona cioè a cui Marco fosse particolarmente legato, ma il giovane professore a cui lui aveva chiesto questa indiscrezione stava già dicendo di no con un cenno del capo e pareva ben determinato a non lasciarsi sfuggire neanche una parola che potesse compromettere qualcun altro. Diego stava cominciando a spazientirsi anche perché, pensava tra sé, è inutile che la gente ti dica di voler sapere la verità se poi non ti aiuta minimamente a trovarla. Il caso volle però che un giovanissimo ricercatore, seduto ad una postazione poco distante dal punto in cui si trovava Diego e apparentemente assorto nella lettura di dati che gli stava fornendo il computer, intercettasse la conversazione tra il Commissario e il professore e, quasi fosse orgoglioso di saperne di più del suo superiore seppur su di un argomento non propriamente accademico, decidesse di spifferare tutte le informazioni che sapeva.

Il giovanotto, dunque, alzatosi dalla sedia e andando verso Malaspina con l’aria di chi vuol dare una mano, cominciò, senza neanche abbassare più di tanto il tono di voce:

“Commissario, io ho sentito dire da alcuni miei colleghi che il professor Sereni aveva una relazione con una professoressa di inglese che insegnava presso un Liceo Scientifico. Questo è successo più di un anno fa, quando io avevo appena cominciato a lavorare qui, e le persone che parlavano si domandavano se il rapporto stesse ancora durando o non fosse già finito. Ricordo bene tutto questo perché mi colpì il nome della professoressa: Rossella Fiorentini, che era stata anche la mia insegnante di inglese al Ginnasio, quando era giovanissima e agli inizi della carriera. Non saprei dirle però il nome del Liceo perché i miei colleghi erano incerti tra due scuole, ma posso indicarle le persone che si stavano facendo questa confidenza due delle quali sono presenti anche oggi proprio qui.”

Diego si trattenne a stento dall’abbracciarlo e fu prodigo di ringraziamenti, mentre il ragazzo se ne tornava al suo posto dopo aver detto i nomi dei colleghi che ne sapevano più di lui, con l’espressione soddisfatta di chi ha fatto il proprio dovere e incurante dell’occhiata di rimprovero che gli rivolgeva il suo superiore. Beata ingenuità, pensava il Commissario, che possiede solo chi è molto giovane e non ancora corroso dal tarlo della carriera; tempo qualche anno e sarà anche lui reticente e schivo e poco collaborativo.

CAPITOLO 6

Diego stava camminando verso il Liceo dove la professoressa Fiorentini prestava servizio. Era stato fortunato: le scuole avevano appena aperto i battenti e, nonostante si avessero le idee molto confuse su come sarebbero andate avanti con la pandemia che stava riprendendo vigore dopo la tregua estiva, proprio quel giorno il corpo docente si riuniva per fare il punto della situazione e, come gli era stato assicurato durante la telefonata che aveva fatto all’Istituto, la persona che lui voleva vedere sarebbe stata disponibile dopo la riunione. Malaspina era in largo anticipo perché non voleva farsela scappare; era già quasi un miracolo che non avesse cambiato scuola, come succede a tanti insegnanti precari, ma probabilmente lei era riuscita a passare di ruolo, come si dice in gergo scolastico. Senza saperlo, il Commissario aveva anche indovinato il giorno in cui trovarla a scuola perché nei giorni successivi, tra la didattica a distanza e il ritmo altalenante che hanno sempre avuto le lezioni alla riapertura delle scuole, sarebbe stato un problema cercare di rincorrerla. Eppure, quando quel giovane ricercatore aveva accennato ad una relazione di Marco Sereni con un’insegnante di inglese, nella sua mente era scattata subito la connessione con il teatro elisabettiano e con Webster e con … come accidenti si chiamava quella donna? Ah sì, Vittoria Accorambona! Chi se non un’insegnante di inglese avrebbe potuto conoscere a menadito quel dramma … o almeno avrebbe dovuto? Perciò lui doveva vederla al più presto, anzi subito e gli sembrava che ogni minuto che passava fosse un’eternità.

La riunione in sala professori durò un po’ più a lungo del previsto e questo permise a Diego di ripassare mentalmente tutte le domande che aveva pensato di fare alla professoressa, anche se sapeva ormai per esperienza che le conversazioni spesso prendevano una strada diversa da quella che si sarebbe voluto percorrere. Finalmente la porta si aprì e, dopo un gruppetto di quattro o cinque persone piuttosto in là con gli anni e verosimilmente vicine alla pensione, uscì una giovane donna bionda (bionda naturale, pensò Diego che, come sappiamo, non era insensibile al fascino femminile); questa sorrise e gli andò incontro come se già lo conoscesse.

“Immagino che lei sia il Commissario Malaspina.” disse, trattenendo la mano, perché in tempo di pandemia anche quel semplice gesto di benvenuto era proibito.

“Come è possibile che mi conosca se non ci siamo mai incontrati prima?” chiese Diego il quale, dimentico delle regole sanitarie davanti a una bella donna, aveva dovuto ritirare in fretta la sua mano che era andata spontaneamente verso di lei. A parte il leggero imbarazzo per questo piccolo incidente, il Commissario si sentiva alquanto lusingato per tale inaspettata notorietà.

“Lei dovrebbe sapere che è su tutti i giornali locali e nella cronaca locale dei più importanti quotidiani nazionali, e l’ho vista anche nei telegiornali regionali; perciò, quando mi hanno riferito che un Commissario di Polizia mi voleva incontrare, anche se non ricordavano il suo nome, ho pensato subito a lei.” Mentre parlava, la professoressa lo guardava con una certa aria di compiacimento e non sembrava minimamente preoccupata delle domande a cui avrebbe dovuto rispondere.

“Come poteva essere così sicura che fossi proprio io, a meno che lei non abbia a che fare con il caso di cui mi sto occupando in questo momento?” domandò Malaspina, cercando di capire se la sicurezza che la donna mostrava era genuina oppure indotta dalla necessità di celare qualcosa che avrebbe potuto comprometterla.

“Commissario, lei avrà fatto le sue indagini e ad un certo punto qualcuno le avrà detto che il povero Marco ha avuto una relazione con me. Lui in queste cose era sempre molto discreto, non tanto per tutelare la sua compagna ma per non compromettere la sua reputazione, come se frequentare me o qualcun’altra come me fosse compromettente. Lui, insomma, non voleva pettegolezzi sul suo conto per paura che potessero nuocergli professionalmente. Aveva questo chiodo fisso: la carriera universitaria, per cui sarebbe stato disposto a sacrificare qualsiasi cosa. Però qualche volta siamo stati visti insieme da alcuni suoi colleghi che mi conoscevano e quindi risalire a me non le deve essere stato poi così difficile. La aspettavo, direi anche prima di oggi; ha tardato un po’, Commissario.” La giovane donna pronunciò queste ultime parole ridendo.

“Vuole insinuare che io sono lento nelle mie indagini?” replicò Diego, che aveva deciso di stare al gioco.

“Oh, no! Non mi permetterei mai, ma lei deve sapere che ha il difetto di venire molto bene in televisione cioè, detto in un modo più tecnico, è molto telegenico e perciò … diciamo che desideravo molto conoscerla. Però adesso abbiamo scherzato abbastanza ed è meglio ridiventare seri. Mi chieda pure quello che vuole sapere.” Ricomponendosi, Rossella lo guardò dritto negli occhi con l’aria di chi non ha niente di cui temere.

“Bene, allora per prima cosa vorrei sapere quanto è durata questa relazione e quando è finita. Lei prima ha detto che ha avuto una relazione con il professor Sereni, cioè ha usato il verbo al passato, immagino quindi che la cosa fosse già conclusa prima della sua morte.” Diego la osservava attentamente per cogliere anche la minima emozione che potesse apparire sul suo viso e cercar di capire quali sentimenti si agitassero in lei, ma la donna manifestava un’assoluta tranquillità e compostezza e sembrava parlare di Marco quasi come di un estraneo.

“Il nostro rapporto è finito quando gli ho presentato Angela Cattani, la moglie di Marcello Gandini, professore incaricato al Dipartimento di Storia.” rispose Rossella in tono asciutto, senza lasciar trapelare né rancore né gelosia “È una delle donne più belle che io abbia mai visto; se lei ancora non l‘ha incontrata, le consiglio di farlo perché non c’è uomo che non ne rimanga incantato. Non capisco come una donna così bella abbia potuto farsi irretire da uno come Marco che pensava solo a se stesso e non avrebbe mai messo a repentaglio la sua carriera per niente al mondo; ma credo che quando lui l’ha incontrata non sapesse di chi era la moglie.”

All’udire che Marco era l’amante della moglie di Marcello Diego era sobbalzato: finalmente, dopo la dritta avuta al Dipartimento dal giovane incauto ricercatore, qualcosa stava venendo fuori, qualche tassello cominciava ad incastrarsi ma il puzzle era ancora ben lontano dall’essere completato. Bisognava fare in fretta, prima che i testimoni, ripensandoci, si chiudessero in un ostinato silenzio.

“Però,” osservò Diego che voleva andare a fondo nel legame tra la professoressa e la vittima “a quanto pare, anche lei si era lasciata irretire da Marco e quindi il nostro professore doveva pur avere una certa capacità di seduzione.”

“Beh, certamente se non l’avesse avuta non ci sarei cascata nemmeno io;” rispose Rossella che si stava divertendo a chiacchierare con il Commissario a cui era pronta a riconoscere un potere seduttivo ben più grande di quello posseduto da Marco “tuttavia il nostro incontro è avvenuto in condizioni diverse e del tutto inaspettate tanto che la sorpresa nel riconoscerci (perché ci eravamo già conosciuti) ha fatto scoccare la scintilla dell’innamoramento.”

“Dunque vi eravate già conosciuti, ma prima di allora non era successo niente?” domandò Diego sempre più interessato al racconto della donna; forse, pensava, da quel colloquio sarebbe potuto uscire con un bel cumulo di informazioni da cui partire.

“È stato in terza liceo, l’anno della maturità; l’ho conosciuto allora. La nostra insegnante di storia e filosofia era andata in maternità e dopo Natale era venuto lui, fresco di laurea e quindi di poco più grande di noi. Ne fummo contenti, da un lato, perché pensavamo di potercelo giocare come volevamo, anche se eravamo un po’ preoccupati per la nostra preparazione e per il risultato finale dell’esame. Devo dire che ci sorprese: seppe tenere le redini ben salde e non ci fece minimamente rimpiangere la nostra insegnante se non per la mancanza di quella confidenza che avevamo con lei. Lui era determinato a portare avanti il programma e a volte diventava persino duro e inflessibile tanto da riuscire antipatico, soprattutto ai maschi ma i maschi in un liceo classico sono sempre pochi e quindi non rappresentavano un problema. Le femmine invece erano in gran parte soggiogate dalla sua giovane età, unita al suo aspetto gradevole, e soprattutto dalla sua preparazione che alla fine ci fece ottenere ottimi risultati. Quando l’ho incontrato di nuovo era diventato un uomo, non era più un ragazzino, e feci fatica a riconoscerlo nonostante fossimo seduti vicini, gomito a gomito. Fu alla presentazione di un libro; sentivo che questa persona accanto a me mi osservava e la cosa mi infastidiva ma lui stava semplicemente cercando di ricordare chi ero. Fui io la prima a riconoscerlo e da quel momento cominciammo a parlare animatamente, scambiandoci notizie sulle nostre vite e sussurrandoci commenti su quel che veniva detto dagli oratori. Lui mi sembrò molto cambiato, non solo fisicamente ma anche nel modo di porsi e di stare con gli altri. Sembrava aver perso ogni rigidità, ogni durezza; quella sera era allegro, spiritoso e apparentemente molto socievole.” Rossella fece una pausa: era evidente che il ricordo le faceva ancora male nonostante volesse apparire indifferente. Diego stava per farle una domanda ma lei riprese spontaneamente a parlare come se volesse chiarire a se stessa, una volta per tutte, perché le cose fossero andate come erano andate:

“Quando mi chiese se potessimo rivederci non ebbi alcuna esitazione a dargli il mio numero di telefono: il rapporto amoroso che a volte si instaura tra il professore e l’allieva mi ha sempre intrigato. La nostra storia è cominciata così ed è andata avanti tra alti e bassi; non son mai riuscita a capire quanto io contassi per lui perché c’era sempre qualcosa di più urgente, di irrinunciabile che lo tratteneva dal dedicarsi a me quanto io avrei voluto. A volte era un incontro di lavoro, altre volte era un colloquio con persone che contavano oppure una cena tra colleghi, ogni scusa era buona per tenermi fuori dal suo mondo. Io all’inizio non riuscivo a comprendere il comportamento di un uomo che ora ti cerca e ora ti respinge, poi ho capito. Ho capito cioè che Marco era un uomo egoista e ambizioso, assetato di successo, impegnato a dar la scalata alla carriera con tutte le sue forze. A questo punto mi era anche abbastanza chiaro che se lui avesse incontrato una donna che potesse essergli utile a raggiungere il suo scopo, non avrebbe esitato a lasciarmi. Ancora mi domando perché, una volta capito tutto questo, non sia stata io a lasciarlo senza esitazioni; almeno ne sarei uscita a testa alta. Invece io, purtroppo, ero innamorata e più lui mi trascurava più io mi attaccavo a lui che mi faceva soffrire; spesso pare che noi donne proviamo piacere nella sofferenza, se a provocarla è un uomo, e ci invaghiamo di uomini che ci trattano male come se questo comportamento conferisse loro una sorta di superiorità. Loro se ne rendono conto e ne approfittano, sapendo che più ci tengono sulla corda più aumenta il loro fascino.”

Rossella guardò il Commissario che aveva un’aria perplessa e quasi colpevole e si affrettò a dire:

“No, Commissario, mi perdoni, non mi riferivo a tutto il genere maschile ma solo a una certa categoria di uomini: lei non c’entra niente, sono sicura che lei è ben diverso. La prego, non se ne abbia a male.”

“Non si preoccupi,” rispose Diego accennando a un sorriso “ogni tanto è bene che qualcuno ci ricordi i nostri difetti. Non so se anch’io appartengo al genere di uomini di cui lei giustamente si lamenta, perché noi vediamo sempre le colpe degli altri ma mai le nostre, però è certo che se Marco Sereni era quello che lei mi descrive è stata lei a guadagnarci nel rompere la relazione con lui. Perché alla fine è stata lei, immagino, a romperla.”

“No, purtroppo non ho avuto neanche quella soddisfazione;” rise la donna con amarezza “le ho detto che la nostra relazione è finita quando gli ho presentato la moglie del professor Gandini. Io la conoscevo dai tempi dell’università perché studiavamo lingue tutte e due, anche se lei aveva scelto il francese come lingua fondamentale; avevamo però delle lezioni in comune e a quei tempi ci incontravamo spesso e abbiamo anche preparato insieme qualche esame. Lei è sempre stata bellissima e i corteggiatori non le mancavano, come può ben immaginare, ma era un tipo tendenzialmente malinconico e piuttosto chiuso tanto da farmi pensare che sarebbe sfiorita senza mai decidersi a fare una scelta, forse per mancanza di coraggio o di entusiasmo. Alla fine, mi sorprese quando, incontrandola dopo la laurea, mi disse che si era fidanzata con Marcello Gandini. In effetti la scelta non poteva essere migliore, vista da un osservatore esterno, perché lui era il sogno di tutte le studentesse che frequentavano le lezioni di Storia Medievale, era bello e carismatico e c’era qualcosa di misterioso in quell’uomo che lo rendeva ancora più affascinante, però era anche lui terribilmente serio e di poche parole. Tuttavia, erano una gran bella coppia.” Qui Rossella fece di nuovo una pausa, come se stesse riflettendo su come erano poi andate le cose e Diego ne approfittò per osservare:

“Forse due caratteri troppo simili non sono destinati ad andare d’accordo. Ma, mi dica, quanto tempo era passato quando lei presentò la sua amica a Marco Sereni?”

“Se intende da quando lei e Marcello si erano sposati, saranno passati tre anni; la mia relazione con Marco stava andando avanti da un anno e si è interrotta quando glielo ho presentato, cioè più di un anno fa. Mi sono accorta subito di come lui la guardava, come se volesse farle sentire che vedeva solo lei, ed era diventato improvvisamente spiritoso e brillante come non lo era più con me da diverso tempo. Lui era così, quando desiderava qualcosa usava tutti i mezzi per averla, poi se ne stancava presto perché la sfida con se stesso era terminata. Con Angela però deve essere stato diverso, perché non penso che sia facile disamorarsi di una donna tanto bella, ma anche tanto sensibile e intelligente. Angela può essere una persona riservata e non particolarmente loquace, ma è profonda e naturalmente portata al ragionamento, una donna che non penseresti mai potesse rimanere ammaliata dal canto di una sirena. Eppure, credo che la loro storia durasse ancora perché li ho visti assieme una sera in una zona lontana dal centro, mentre entravano in un caffè, ed è stato un paio di mesi fa.”

“Trovo un po’ strano” si affrettò ad intervenire Diego, approfittando della pausa nel racconto di Rossella “che lei non manifesti alcun sentimento di rancore né di gelosia nei confronti di una donna che le ha portato via il compagno. Anzi, sembra quasi che la ammiri.”

“Forse un po’ la invidio, come la invidiavo al tempo in cui studiavamo assieme, però le sono soprattutto grata per avermi aperto finalmente gli occhi e avermi fatto prendere coscienza di quel che io mi rifiutavo di ammettere, cioè di quanto l’uomo che io credevo di amare fosse opportunista ed egocentrico. Marco smise di cercarmi poco dopo aver incontrato Angela, adducendo scuse improbabili ma soprattutto evitando di rispondere alle mie chiamate, che però non furono tante perché il mio orgoglio e il mio amor proprio rialzarono la testa e mi fecero capire che averlo perso era la più gran fortuna che mi potesse capitare. Come vede, Commissario, non sono priva di autostima, anche se lui me l’aveva fatta mettere sotto i piedi.” Rossella pronunciò queste ultime parole con uno sguardo raggiante, quasi a voler dimostrare che lei era completamente uscita da quella storia avvilente.

A questo punto Diego pensava di aver avuto tutte le informazioni che gli servivano; gli rimaneva però un’ultima cosa da controllare ma voleva farla apparire come una domanda fuori dall’inchiesta, buttata là così, tanto per soddisfare una sua curiosità.

“Bene,” disse, dando l’impressione di volersi congedare “la ringrazio molto per la sua disponibilità. Potrei aver ancora bisogno di farle qualche domanda … Oh, a dir la verità ce n’è una che vorrei farle proprio adesso e che non ha niente a che fare con l’indagine in corso: si legge ancora in classe, durante l’anno scolastico, un dramma elisabettiano? Questo lo chiedo all’insegnante di inglese; ricordo che da ragazzo, quando ero in quinta ginnasio, ne dovetti studiare uno di John Webster che parlava di una certa Vittoria Accorambona. Un vero incubo, così difficile da tradurre e così truculento.”

“Sì, certamente si fanno in classe delle letture di testi letterari in inglese e la scelta è a discrezione dell’insegnante, ed è bizzarro che lei mi faccia questa domanda perché proprio tre anni fa ho fatto leggere in classe quel testo di Webster, un dramma che ormai si rappresenta raramente in teatro. Sa, a me piace andare a rovistare un po’ tra le cose vecchie e dimenticate e per il prossimo anno ho in programma di far leggere l’altro dramma che lo rese noto presso i contemporanei e cioè La duchessa d’Amalfi. Comunque ha ragione lei, Commissario, sono testi non facili da tradurre.”

Rossella pronunciò queste parole senza la minima emozione e a Diego sembrò che non fosse minimamente innervosita dalla domanda anche se giudicò piuttosto interessante il fatto che soltanto tre anni prima avesse rispolverato quel testo dimenticato e che l’autore le fosse rimasto in mente tanto da volerlo riproporre. Stava di nuovo per congedarsi quando la donna lo fermò esclamando:

“A proposito, ho io una domanda da farle, che avrei voluto porle fin dall’inizio: avete capito la causa della morte di Marco? I giornali e la televisione parlano di indagini in corso e quando usano questi termini insinuano il dubbio che non si tratti di una morte naturale.”

“Appunto,” rispose Diego in modo sibillino “ci sono indagini in corso.”

Prima di andarsene chiese a Rossella se conoscesse il nome della scuola dove prestava servizio la moglie di Marcello Gandini e lei glielo scrisse su un foglietto aggiungendo, come per scherzo, che sperava che lui tornasse ad interrogarla.

Lungo la strada del ritorno Malaspina ripercorreva mentalmente il dialogo avuto con la professoressa e ne analizzava tutti i punti di maggior interesse. Rossella era stata innamorata di Marco, per lei quella storia era stata importante e si capiva, nonostante il suo atteggiamento volutamente indifferente, che le aveva lasciato una grande amarezza; oltre a ciò, conosceva bene quel dramma di Webster per averlo fatto leggere in classe e chissà quante volte si saranno soffermati, lei e i suoi studenti, su quello strano bacio per commentarlo e forse riderne insieme. Aveva inoltre accumulato, nei lunghi mesi seguiti alla fine del suo rapporto con Marco, una buona dose di disprezzo nei suoi confronti tanto da poter parlare della sua morte come di una cosa che non la riguardava. Almeno questa era l’impressione che voleva dare: sembrava aver voltato completamente pagina ed era in grado di scherzare, o piuttosto di civettare, con lui mentre parlava di Marco e della sua morte. Questa sarebbe stata una prova di notevole sangue freddo, se fosse stata lei a provocarla. In una cosa però Rossella gli era sembrata assolutamente sincera: nel suo giudizio sulla sua rivale, la moglie di Marcello Gandini. Era evidente che lei non solo non la odiava ma addirittura la ammirava, e perché? Per le sue doti intellettuali e morali e persino per la sua bellezza. Le donne a volte sono strane e incomprensibili. Bene, era ora di conoscere l’oggetto di tanta ammirazione.

CAPITOLO 7

Dunque, pensava Diego mentre si recava il giorno seguente all’appuntamento con Angela Cattani, anche la moglie di Marcello insegnava in un liceo, e insegnava francese. A meno che non fosse improvvisamente entrato in scena qualche personaggio estraneo all’ambiente, questa era una storia che sembrava svolgersi tutta tra professori, di storia e di lingue straniere. E anche la dinamica del fatto pareva avere un precedente in un’opera letteraria in lingua inglese, che aveva come protagonista un personaggio storico. A questo punto cominciò a domandarsi seriamente se la conoscenza di quel testo non avesse suggerito l’omicidio o se Marco non sarebbe stato ucciso ugualmente, pur se con una diversa modalità. Ma poi, lo si era veramente voluto uccidere?

L’appuntamento con Angela gli era stato fissato per le undici di mattina, ora in cui la professoressa non aveva lezione. Diego sperava ardentemente che lei non ne avesse fatto parola con il marito, il quale avrebbe potuto opporsi a che la moglie fosse interrogata e comunque avrebbe potuto influenzarla. Il carattere di Marcello ancora gli sfuggiva: gli era sembrato una persona schietta e pronta a dire le cose come stavano senza giri di parole, ma al tempo stesso aveva dato l’impressione di essere riservato e incline a dire soltanto quello che riteneva necessario. In una parola, non era un chiacchierone. Comunque, adesso che Diego stava per raggiungere il Liceo dove avrebbe dovuto incontrare una donna tanto bella e piena di qualità da destare l’ammirazione persino della sua rivale in amore, cominciava a sentirsi vagamente eccitato e forse anche un po’ intimorito, sicuramente incuriosito.

Era arrivato. Mentre veniva introdotto nella biblioteca che pareva essere il luogo più riservato di quella scuola, da cui era stata allontanata anche la bibliotecaria che si era sentita imporre di andarsi a prendere un caffè e di non rientrare in quella stanza se non dopo l’uscita del Commissario, Diego ripassava mentalmente e in modo ordinato tutte le domande che si era proposto di fare ad Angela e la prima cosa che gli urgeva sapere (dopo aver avuto da lei la conferma della sua relazione con Marco Sereni) era questa: Marcello sapeva della tresca?

Era talmente assorto in questi pensieri che non si accorse dell’arrivo di lei; Angela era entrata silenziosamente attraverso la porta lasciata socchiusa ed era rimasta lì, ad aspettare che lui la vedesse. Quando Diego alzò gli occhi, credette di vedere un fantasma, o un’apparizione. Sembrava scesa dalla luna: pallida, bionda, occhi chiari forse azzurri (Diego non riusciva a vederli bene poiché era controluce), comunque bellissima ma tanto triste. Pareva in effetti l’immagine stessa della tristezza, una tristezza inconsolabile che non le permetteva nemmeno di accennare ad un sorriso. Fu tuttavia lei a rompere il silenzio, visto che Diego era rimasto senza parole e stava cercando il modo migliore per iniziare una conversazione che si annunciava imbarazzante.

“Immagino il motivo per cui lei è venuto da me,” esordì Angela con un filo di voce “ma speravo che la cosa non fosse ancora di dominio pubblico.”

“Lei intende la sua relazione con il professor Sereni?” chiese Diego e Angela annuì.

“Allora lei ammette di aver avuto una relazione con il professore?” incalzò lui e lei di nuovo annuì con un cenno della testa e con un’aria così mesta che Diego ne provò una gran pena e si affrettò a rassicurarla:

“Non si preoccupi,” disse “il suo segreto è al sicuro. La persona che vi ha visti insieme non è il tipo a cui piace sparlare del prossimo e anzi dice di ammirarla molto; forse lei non lo sa, ma credo che sia la sua migliore amica.”

“Posso sapere di chi stiamo parlando?” chiese Angela incuriosita.

“No, mi dispiace,” rispose lui con dolcezza “la privacy deve essere salvaguardata. Mi dica piuttosto, suo marito è al corrente di questa sua relazione? Come può immaginare avrò bisogno ancora di parlargli per approfondire alcuni punti della storia che non mi sono del tutto chiari, ed è naturale visto che siamo appena all’inizio delle indagini; non vorrei però dire qualcosa che possa mettere in pericolo il vostro matrimonio. Noi siamo qui per risolvere un caso, non per complicare la vita alle persone.”

“Tanto la mia vita è già fin troppo complicata, e anche il mio matrimonio è finito. Perciò non si preoccupi, Commissario, di quello che potrà dire a mio marito. Lui sa tutto di me e di Marco e lei può chiedergli tutto quello che vuole sapere; per come lo conosco, risponderà alle sue domande con sincerità perché non ha niente da temere. Di una cosa però la prego: nel trattare le mie vicende personali vorrei che venisse usata la massima discrezione perché non voglio danneggiare Marcello provocando i pettegolezzi dei colleghi e rendendolo bersaglio di critiche e di frecciatine nel suo ambiente di lavoro. Lui questo non se lo merita.”

Così dicendo, si appoggiò con aria stanca al tavolo che stava in mezzo alla sala e Diego fu pronto a porgerle una sedia, poi ne prese un’altra e le si sedette davanti.

“Tutto quello che mi ha chiesto glielo prometto solennemente,” disse “però adesso abbiamo poco meno di un’ora a disposizione e vorrei che lei mi raccontasse tutto quello che può di sé, di suo marito, di Marco, del rapporto tra voi tre e della ragione, se ve n’è una, del suo tradimento.”

Angela si passò una mano tra i capelli come se quel gesto potesse aiutarla a concentrarsi: doveva decidere da che parte cominciare per cercar di far capire ad un uomo che non la conosceva affatto qualcosa di sé che neppure lei aveva capito. Le sarebbe riuscito difficile spiegare al Commissario perché aveva tradito suo marito, che era buono e stimato da tutti, con uno come Marco, innamorato solo di se stesso e che lei purtroppo continuava ad amare nonostante tutto. Come era potuto succedere a lei che non si era mai lasciata coinvolgere in avventure sentimentali senza fondamento e che non era mai stata comprensiva con chi tradiva, fossero uomini o donne? Forse questo racconto che le aveva chiesto il Commissario le sarebbe servito per analizzare a fondo quello che era successo e chiarirlo finalmente anche a sé stessa.

Cominciò così a parlare del suo incontro con Marcello, lui insegnante di Storia Medievale all’Università e lei studentessa di lingue che quell’anno avrebbe frequentato il suo corso; durante una delle prime lezioni, lei gli aveva rivolto una domanda e lui, che era in piedi accanto alla cattedra, per risponderle era andato verso di lei e si era dilungato nella spiegazione forse più del necessario. Da allora avevano entrambi capito che si piacevano e in seguito erano arrivati il fidanzamento e le nozze. Una bella storia, in cui tutto era andato come doveva andare. Però anche le belle storie con il tempo si logorano, soprattutto quando sono troppo perfette e ancor di più se c’è un tarlo, che le corrode dall’interno, che i due non vogliono vedere.

“La vita con Marcello scorreva serena ma sempre uguale;” diceva Angela in tono malinconico “lui aveva i suoi ritmi, io i miei e non cambiava mai niente. Chi non mi conosce pensa che io sia una persona timida, rassegnata, priva di coraggio, persino un po’ depressa, e forse sono anche questo ma solo in parte. In realtà passo l’intera giornata a sperare che qualcosa cambi, qualcosa che venga a turbare quella calma piatta che è sempre stata la mia vita, una vita di ragazza borghese che ha fatto un matrimonio tranquillo con un uomo per bene ma che dentro di sé ha sempre sognato l’avventura, l’evento insolito, il fatto straordinario che cambia la vita, e che tuttavia non ha mai avuto il coraggio di afferrare o di provocare. Tranne questa volta, con Marco.”

“Però lei amava suo marito, l’ha detto lei stessa.” osservò Diego che stava cercando di raccapezzarsi nell’intricato mondo femminile e stava considerando quanto più semplice fosse, per lui, inoltrarsi nell’universo maschile.

“Sì, lo amavo e credo di non aver mai smesso di amarlo, ma a lungo andare cominciavo a non apprezzare più la sua calma, la sua cortesia, i suoi modi signorili che in fondo erano quelli che mi avevano attratto all’inizio della nostra conoscenza. Marcello non alzava mai la voce, non amava le discussioni ma quando queste capitavano abbassava subito i toni e cercava di affrontarle in modo razionale, senza scatti d’ira. Era il marito ideale per chi ama la vita tranquilla e il cielo limpido, ma io già da qualche tempo avevo cominciato a sognare la tempesta. A tutto questo si aggiungeva, e direi in modo determinante, il rapporto difficile che io avevo con sua madre; quella donna era rimasta vedova in giovane età e aveva cresciuto il figlio da sola senza mai pensare a risposarsi, cosa che non perdeva occasione di ricordargli, quasi fosse colpa sua. Il rapporto tra i due era sempre stato molto stretto e io ero venuta un po’ a scombinare le carte. Lei si rendeva conto che Marcello era innamorato e ne era follemente gelosa, anche se cercava di mascherare questa sua gelosia dietro modi affettati e falsamente gentili. Io sentivo le critiche che mi muoveva quando pensava che io non fossi presente e comunque sentivo sempre il suo occhio vigile su di me, pronto a cogliere il minimo difetto o il più piccolo errore.”

“È vero,” osservò il Commissario con convinzione “a volte una suocera problematica può distruggere un matrimonio più di quanto non lo possa fare un tradimento. E suo marito, come si comportava preso così tra due fuochi?”

“Marcello (io lo sentivo replicare perché origliavo) rispondeva stancamente alle insinuazioni di sua madre, dicendole di lasciarmi in pace. A modo suo mi difendeva, ma io avrei voluto che si arrabbiasse, che si infiammasse sentendola pronunciare quelle critiche su di me. Proprio perché era per natura cavalleresco e nobile, avrei voluto che partisse lancia in resta in mia difesa mentre invece si limitava a replicare con un tono annoiato e quasi rassegnato. Ero proprio in questo stato d’animo, di grande delusione e disincanto, quando incontrai Marco, l’uomo più diverso da Marcello che potessi immaginare. E non lo dico come complimento.”

“Mi sbaglio, o lei nutre ancora dei sentimenti per suo marito?” azzardò Malaspina, che continuava ad annaspare nel tentativo di dipanare la matassa della complicata vita sentimentale della donna.

“Devo ammettere di essere molto confusa: credo che se Marcello si fosse svegliato da quella specie di torpore che forse lui scambiava per quieto vivere, se avesse voluto riconoscere che qualcosa non andava e avesse deciso di prendere in mano la situazione, sarei tornata da lui anche dopo aver conosciuto Marco perché ero ancora attratta da mio marito. Ma lui pareva non accorgersi di niente, neanche del fatto che ci stavamo allontanando sempre di più e che io accusavo emicranie e malesseri inesistenti a cui lui fingeva di credere. Forse, dentro di sé ne soffriva ma non mi ha mai chiesto la ragione del mio strano comportamento.”

“E Marco?” domandò il Commissario, che non riusciva ad immaginare come un uomo potesse rimanere indifferente dinanzi ad una donna tanto bella.

“Con Marco era come salire ogni giorno sulle montagne russe.” rispose Angela con aria assorta “Ora ti faceva sentire la donna più importante della sua vita, ora pareva quasi dimenticarsi di te per poi tornare alla carica con un’insistenza a cui non si sapeva resistere e finivi per dimenticare tutto il risentimento. Con Marcello navigavo in un mare tanto tranquillo che la barca rimaneva ferma per la bonaccia, con Marco invece era come navigare in un mare in tempesta. In fondo era proprio questa la ragione del suo fascino e del suo successo con le donne: una volta sedotte, non farle sentire mai sicure della sua fedeltà, far loro temere sempre un abbandono, un tradimento. Sa cosa vuol dire l’incertezza, il non sapere cosa succederà l’indomani? È uno stato d’animo che ti fa soffrire, ma nella sofferenza ti senti viva, senti di esistere. E poi non c’era solo questo; c’era la passione. Marco era molto passionale e anche moto focoso, sotto ogni aspetto; litigavamo spesso, nelle discussioni si accendeva come un fiammifero e per me questa era una novità che mi piaceva. Quando non ci si vedeva mi mancava anche il litigare con lui, una sensazione che non avevo mai provato con mio marito. E devo dire che persino il rimorso per quello che stavo facendo a Marcello, il dispiacere per la sofferenza che gli provocavo (perché credo che dentro di sé soffrisse pur senza immaginare la ragione del mio comportamento) mi davano al tempo stesso una specie di piacere perverso, il piacere di fargliela pagare.”

“Mi dica,” intervenne a questo punto il Commissario, che faticava a seguire il racconto di Angela e a tener dietro alla varietà di sentimenti contraddittori che la donna cercava di spiegargli “come è accaduto che Marcello abbia scoperto la vostra relazione, e quando?”

“È successo di recente, nel mese di luglio; ha ricevuto una foto di noi due sul cellulare: Adesso si usano questi metodi, non devi più neanche scomodarti a mandare una lettera anonima. È vero che si può individuare il mittente dal numero del telefono ma è facile farsi prestare per un attimo lo smartphone di un amico con una scusa qualsiasi. Eravamo sempre stati molto attenti ai luoghi che frequentavamo e ci si trovava solo in locali lontani dal centro dove nessuno potesse riconoscerci. Per chiamarci avevamo anche due diversi cellulari che custodivamo gelosamente e, se per caso ci capitava di servirci dei nostri telefoni di uso corrente, eravamo pronti a cancellare le nostre chiamate. Eravamo andati avanti così per mesi e ci era sempre andata bene, ma quella volta qualcuno che ci conosceva e che ci riconobbe ci colse in un momento di inequivocabile intimità. Doveva essere una persona che ce l’aveva a morte con uno di noi tre e, considerando che Marcello era benvoluto da tutti ed io non credo di avere nemici che possano arrivare a tanto, penso che quel gesto fosse inteso a colpire Marco. Lui sì, di nemici credo ne avesse perché non era un uomo che si faceva amare, se non dalle donne.”

“Lei lo ama ancora?” chiese il Commissario a cui venne spontanea la domanda, dato che non aveva ben capito quali sentimenti provasse ora Angela per l’uomo che le aveva sconvolto la vita

“Sì, lo amo ancora contro ogni logica, perché se non avessi ceduto alle sue lusinghe non mi troverei in questa situazione tremenda.” La voce di Angela era spezzata e faticava a ricacciare indietro le lacrime; deglutì e continuò:

“Se fosse qui ora, gli direi tutto quello che penso di lui, ma poi mi farei prendere per mano e lo seguirei dovunque mi volesse portare. Solo che non c’è più.” A questo punto scoppiò in lacrime.

Il Commissario aspettò che si riprendesse e poi tornò alla carica; era determinato a capirci qualcosa di più in quel groviglio di sentimenti femminili che nella sua mente di uomo semplice e razionale avevano assunto l’immagine di un nodo gordiano.

“E quanto a suo marito,” chiese “quale fu la sua reazione?”

“Fu come un pugno nello stomaco.” rispose Angela cercando di ricomporsi “Credo non avesse mai pensato che io potessi tradirlo e cominciò a guardarmi come un’estranea. Io mi difesi, gli spiegai le mie ragioni con una decisione che sorprese anche me, gli dissi che ero stanca di essere data per scontata, che ero diventata per lui una noiosa abitudine come del resto lo era lui per me e che poteva consolarsi con sua madre che in fondo era l’unica donna della sua vita. Provavo persino piacere nel dirgli tutte queste cattiverie e nel buttare fuori tutto quello che avevo accumulato dentro di me. Vederlo soffrire era quasi appagante.”

“Era stata lei a far pervenire a Marco quegli appunti di suo marito che lui credeva gli avesse sottratto?”

“Sì, sono stata io,” rispose Angela in tono sommesso “e me ne vergogno; anche quando Marco me lo chiese mi mostrai riluttante perché quello mi sembrava veramente un colpo basso inflitto a mio marito sia da parte sua che da parte mia, perciò all’inizio rifiutai. Lui però sapeva essere convincente quando voleva qualcosa e così alla fine l’ottenne. Io avevo accesso al computer di Marcello, perché spesso me ne ero servita per ricerche sulla storia francese. Sa, quando si insegna una lingua bisogna sempre far riferimento all’ambiente storico e culturale di quel paese. Così non fu difficile per me andare nel suo file e stamparmi le pagine che interessavano Marco. Sapevo che stavo facendo un lavoro sporco e mi sentivo profondamente a disagio: Marcello non meritava quello che gli stavamo facendo. Eppure, quando gli confessai anche quel tradimento durante la discussione che avemmo quel giorno (o forse fu finalmente un litigio?), glielo buttai addosso quasi con un tono di trionfo.”

“E lui?” chiese Malaspina incuriosito dalla dinamica della coppia. Se l’avessero fatta a lui una cosa del genere, pensò, il colpevole non l’avrebbe certo passata liscia.

“Marcello non disse più una parola; mi voltò le spalle e uscì dalla stanza, ma si vedeva che stava male. Per lui quella lunga confessione, fatta per di più con un tono di sfida e con molta arroganza, era più di quanto potesse sopportare. Credo fosse disperato. Io, sulle prime, fui contenta di essermi sfogata ma poi, vedendolo sempre più avvilito, cominciai a pentirmi di essere stata tanto dura. Ma ormai il danno era fatto e la mia relazione con Marco era venuta a galla, non dovevamo più nasconderci. Lo informai subito di quanto era avvenuto e gli dissi che a quel punto io non potevo più restare in quella casa, anche se per la verità Marcello non aveva mai accennato al fatto che me ne dovessi andare. Lui si mostrò preoccupato ed estremamente cauto; disse che per il momento dovevamo evitare ogni tipo di scandalo per il bene di tutti e tre e quindi prendere tempo e cercare di capire come si sarebbero sviluppate le cose. L’appartamento dove abitavo era di Marcello e io non me la sentivo più di rimanere lì, d’altra parte Marco mi aveva fatto capire che per il momento non era il caso di andare a vivere con lui, perciò tornai dai miei genitori dove vivo tuttora. Stanno fuori porta, devo prendere un autobus per arrivare a scuola ma almeno con loro sono tranquilla e mi trattano con molta delicatezza. Certo, anche per loro il mio arrivo improvviso e inaspettato è stato un trauma, ma mi vogliono bene e stanno aiutandomi a superare questo brutto momento.”

“E la storia con Marco intanto continuava?” chiese Malaspina, ormai rassegnato a non capire la psiche femminile; fosse stato nei panni di Angela, dopo la tiepida e tremebonda reazione dell’amante, gli avrebbe dato il benservito senza esitare neanche un secondo.

“Sì, ma ci si vedeva sempre di meno;” rispose Angela stancamente “d’altra parte durante tutto l’inverno e la primavera, a causa della pandemia, ci eravamo abituati a vederci di rado e, con la chiusura delle scuole, non avevo più nemmeno una scusa per uscire. Prima di allora, quando era stata attivata la didattica a distanza, ero potuta tornare a scuola per collegarmi con i miei studenti dalla sala computer ma lei sa bene che nei rapporti sociali così come in quelli affettivi, occorreva (e occorre tuttora) prendere mille precauzioni di carattere igienico e spesso, con Marco, preferivamo dare voce ai nostri sentimenti parlandoci al telefono. Questo è l’amore al tempo della pandemia. Però, con l’arrivo della bella stagione e soprattutto del caldo estivo, pareva che tutto sarebbe cambiato e infatti tutto è cambiato ma non come mi aspettavo. Per me è stata un’amara delusione constatare quanta paura Marco avesse di uno scandalo, anche se avrei dovuto prevederlo perché conoscevo la sua ambizione. Ad ogni modo la storia è andata avanti: io ho rinunciato ad andare al mare con i miei genitori per potermi incontrare con Marco quando lui decideva che si poteva fare. Capivo che lui era ansioso di vedermi e di stare con me e questa era la ragione per cui continuavo a frequentarlo perché, se non avessi sentito che ancora la fiamma ardeva dentro di noi, sarei stata io la prima a troncare la nostra relazione. Ultimamente però mi aveva chiesto una pausa, ma solo temporanea, nell’attesa che si calmassero le acque: diceva che temeva qualche dispetto, o qualche vendetta, di Marcello nell’ambiente di lavoro e preferiva non dargli ulteriore motivo di rancore. Io lo rassicurai dicendo che Marcello non era assolutamente un tipo vendicativo, ma poi accolsi il suo suggerimento e smettemmo di incontrarci. Continuavamo tuttavia a telefonarci, in modo appassionato; sentivo che per lui era un grande sacrificio stare lontano da me, ma teneva duro e temevo che con l’andare del tempo ci avrebbe fatto l’abitudine e la nostra storia si sarebbe esaurita così, per consunzione.”

Angela aveva abbassato ancora di più il tono di voce e sembrava parlare più a se stessa che al Commissario; mentre lei raccontava Diego pensava quanto fosse ingiusto che una donna così bella e così ricca di sentimenti avesse sprecato la sua giovane vita accanto a uomini che non l’avevano saputa apprezzare. A un tratto lei alzò la testa e chiese in tono angosciato:

“Posso sapere di cosa è morto? Pare che nessuno ancora l’abbia capito. Quella mattina ho chiamato tante volte ma nessuno dei due telefoni rispondeva; alla fine mi ha risposto la Polizia dal suo cellulare di lavoro e mi ha precipitata in un baratro da cui non riesco più a venir fuori. La prego, mi dica quello che sa: io so essere molto discreta.”

“Le indagini sono in corso e, appena avremo le idee più chiare su quello che può essere successo, lei sarà la prima a saperlo. Per il momento le posso solo dire che non pensiamo sia morto di morte naturale.” rispose Diego a malincuore, perché gli sarebbe piaciuto mostrarsi sensibile e collaborativo e certamente non aveva dubbi sul fatto che Angela sarebbe stata discreta ma non voleva ancora far trapelare i risultati delle analisi e le ipotesi investigative che stavano formulando in Commissariato.

Il sogno di un Commissario è che alla fine il colpevole si tradisca accennando ad un particolare rimasto sconosciuto al pubblico e che solo lui può conoscere. Per questo lui conservava ancora sulle indagini il più rigoroso silenzio … tranne che con Sonia. Sonia però, ne era sempre più convinto, non aveva mai fatto parola con nessuno di quello che si erano detti quando si erano incontrati. Quante volte? Due, soltanto due; troppo poche. Sonia gli offriva sempre degli spunti originali e pur tuttavia utili al ragionamento investigativo, e poi aveva una gran voglia di incontrarla e di riprendere le loro schermaglie dialettiche che gli mettevano allegria. L’atmosfera in cui si stava svolgendo il colloquio con Angela era, a dir poco, lugubre: la pena che provava per quella giovane donna che sembrava aver perso ogni ragione di vita, il fatto di non riuscire a trovare le parole per consolarla, il pensiero di come era stata trattata dai due uomini che le avevano fatto credere di amarla, tutto questo gli aveva messo addosso una profonda tristezza. Aveva bisogno di vedere Sonia. Prima però era venuto il momento di tornare a parlare con Marcello.

“Dovrò vedere di nuovo suo marito.” ripeté ad Angela nell’accomiatarsi “Adesso ho qualche elemento in più.”

“Però, la prego Commissario,” si allarmò lei “non vorrei che mi avesse frainteso; Marcello non ha niente a che vedere con la morte di Marco, non sarebbe capace di far del male a una mosca. Lui non merita i suoi sospetti.”

“Non si preoccupi, nessuno lo sta accusando.” rispose Diego uscendo finalmente dalla biblioteca. Fatti pochi passi, si fermò sulla soglia per chiedere ad Angela se aveva riconosciuto il posto in cui era stata scattata quella foto che l’aveva incastrata. Sì, Angela l’aveva riconosciuto ed era un piccolo bar di periferia in un luogo talmente fuori mano che non avevano mai incontrato nessuno della loro cerchia di conoscenti. Lì si trovavano quando potevano, perché era un posto sicuro.

Mentre Diego varcava la soglia della biblioteca, suonò la campanella che annunciava la fine dell’ora e lui istintivamente si voltò per guardare Angela un’ultima volta: la vide seduta su una sedia, ancora più pallida di prima, con un’aria assente. Si chiese come potesse aver voglia di far lezione in quelle condizioni e d’altra parte, si disse, forse quello era il modo migliore per evitar di pensare.

Uscito da quella scuola gli sembrò di essere uscito da un incubo e respirò a pieni polmoni l’aria fresca di fine settembre, quando senti arrivare l’autunno ma l’estate è ancora nell’aria con il suo cielo terso e il sole ancora caldo. Diego aveva sempre amato settembre, per lui era il mese ideale, ma questo settembre non gli metteva allegria.

CAPITOLO 8

Diego aveva fissato l’appuntamento con Marcello per la mattina, in un orario che gli consentisse poi di passare al bar e vedere Sonia durante la sua pausa caffè; naturalmente non era sicuro di trovarla lì e non era neanche sicuro che sarebbe andata al Dipartimento, dato che la pandemia imponeva ancora a docenti e studenti di essere prudenti e di evitare quei contatti diretti che non fossero necessari. Non sapeva quale accoglienza gli avrebbe riservato Marcello, soprattutto dopo aver saputo del suo colloquio con la moglie, ma era arrivato il momento di fargli un po’ di domande. A mano a mano che procedeva nelle sue indagini, le ragioni che aveva Marcello per detestare Marco diventavano sempre più numerose, ma erano sufficienti a volere la morte di un uomo? D’altra parte, i risultati delle analisi, che erano ormai al completo, sembravano indicare che non era stata usata una dose sufficiente di veleno (in questo caso, estratto direttamente dai fiori) per uccidere un uomo, a meno che costui non avesse delle patologie che ne aumentavano la vulnerabilità. Mancavano però i risultati dell’autopsia e Diego aspettava quelli prima di discuterne con il medico curante di Marco.

Era immerso in questi pensieri quando si accorse di essere praticamente arrivato allo studio di Marcello; prima di fare gli ultimi passi che lo dividevano dalla porta diede un’occhiata in giro per vedere se Sonia fosse nei paraggi, ma Sonia non c’era e lui cominciò a preoccuparsi; tuttavia, doveva entrare perché Marcello quella mattina non aveva molto tempo da dedicargli.

Il professore lo salutò con la solita affabilità: era un tipo tranquillo e gentile, ma non faceva trasparire molto di sé. Quella mattina però aveva un’aria particolarmente stanca e un velo di tristezza nello sguardo che facevano capire, a chi ne conosceva i retroscena, quanto l’intera vicenda gli pesasse.

“Sono andato a parlare con sua moglie.” disse Diego entrando subito in argomento.

“Allora sa già tutto.” sospirò l’altro e aggiunse subito: “Spero che quanto verrà detto qui non uscirà da questa stanza. Nessuno sa ancora niente dei rapporti che c’erano tra mia moglie e Marco, almeno così credo, e nessuno deve venirne a conoscenza. La prego, Commissario, me lo prometta e io cercherò di rispondere a tutte le sue domande, per quello che posso.”

Il Commissario fu colpito dalla naturalezza con cui Marcello si accingeva ad affrontare il colloquio: niente toni vittimistici o accusatori nei confronti della moglie e nessun commento sul suo rivale, verso il quale doveva pur nutrire un forte sentimento di rancore.

“Ecco,” arrischiò Diego, che non sapeva ancora da che parte cominciare “io vorrei cercare di capire quali rapporti ci fossero realmente tra lei e il professor Sereni. Lo so che ce l’aveva con lui per quel furto di informazioni di cui abbiamo già parlato ma, quando ha saputo che era diventato l’amante di sua moglie, immagino che l’abbia odiato.”

“Prima di venirne a conoscenza lo disprezzavo; dopo sì, l’ho odiato per un po’.” rispose Marcello con la consueta calma “Poi però mi sono detto che lui era quello che era ed era inutile aspettarsi qualcosa di buono da un tipo simile e me la sono presa con mia moglie che avrebbe dovuto capire con chi aveva a che fare. Ma come, mi dicevo, una donna intelligente e profonda come Angela si fa conquistare da un uomo vanesio e privo di scrupoli come quello? Mi avrebbe fatto meno male se si fosse invaghita di un uomo che fosse alla sua altezza. Ma, ripensandoci e volendo essere sincero con me stesso, sono arrivato alla conclusione che mi avrebbe fatto male ugualmente e forse anche di più, perché è molto più difficile sostenere il confronto con un uomo di valore che con uno come Marco. E ho soprattutto pensato alle parole, durissime, che mi ha detto mia moglie quando mi ha confessato tutto; ci ho pensato e ripensato per giorni e alla fine me la sono presa con me stesso. Lei aveva ragione, io non l’ho saputa ascoltare e non mi sono accorto del suo disagio. Sono stato disattento e ho voluto fingere che non ci fossero problemi, e ho rovinato tutto.”

Marcello si fermò soprappensiero poi, prima che il Commissario potesse buttar lì qualche parola consolatoria che sarebbe suonata banale nella bocca di uno che la pensava esattamente come lui, si voltò verso Diego con l’espressione di chi sospetta che ci sia qualcos’altro da capire.

“Ma lei Commissario,” disse “perché viene qui a farmi domande sui miei rapporti con Marco Sereni, del resto inesistenti. Lui adesso è morto e che importanza possono avere i miei rapporti con lui, se mai ce ne furono? Si è capito quale è stata la causa della sua morte? C’è qualcosa che noi non sappiamo? Qui tutti siamo rimasti senza altre notizie, dal giorno in cui ci convocò in Commissariato.”

“Ci sono ancora le indagini in corso,” ribatté il Commissario “abbiamo i risultati delle analisi ma l’autopsia non è stata completata. Non ho ancora parlato con il medico curante del professor Sereni perché ho bisogno di alcuni dati che mi dovrebbero arrivare dall’autopsia. Comunque le posso anticipare che ci sono forti sospetti che il professore non sia morto di morte naturale. Non mi chieda di più per il momento.”

“Ma la polizia non ha mai parlato di segni di colluttazione né di ferite da arma da taglio e neppure da arma da fuoco. Io ho seguito il caso in televisione, nel telegiornale regionale, e non ho mai sentito parlare di assassinio!” Marcello appariva sinceramente stupito.

“È vero,” rispose Diego “ma ci sono molti modi per uccidere, volontari e persino involontari, e il nostro compito è di fare chiarezza nei misteri di una morte, prendendoci tutto il tempo che serve per cercare di non commettere errori.”

A Diego pareva che per il momento il colloquio si potesse concludere lì e si accingeva a salutare il professore ma questi gli rivolse uno sguardo incerto ed ansioso.

“Come sta Angela?” gli chiese in un soffio; sembrava che le parole faticassero a uscirgli dalla bocca.

“Perché non va a trovarla?” domandò Diego a sua volta, deciso a spezzare una lancia in favore della donna “Potrà vedere da sé come sta, in quali condizioni di spirito si trova. Io non la conosco abbastanza per sapere se la sua aria malinconica e, oserei dire, depressa è qualcosa di connaturato in lei o è dovuta alle circostanze attuali.”

“Ci ho pensato;” ammise Marcello con tristezza “e sono stato più volte sul punto di farlo, ma avrei avuto la consapevolezza che, anche se avesse finto di gradire la mia visita, in realtà avrebbe voluto con tutta l’anima che ci fosse Marco al posto mio, lì davanti a lei. E questo non avrei potuto sopportarlo, non lo potrò mai sopportare; quindi, è meglio non vederla.”

“Professore, io non darei niente per scontato, soprattutto i sentimenti di una donna in uno stato di grande confusione.” replicò Diego avviandosi lentamente verso l’uscita “Lei ama ancora sua moglie, nonostante tutto; mi dica la verità.”

“Sì,” sospirò Marcello fissando un punto del pavimento, poi alzò lo sguardo e disse con fermezza “ma non glielo dirò mai.”

“Peccato,” osservò Diego con un lampo ironico negli occhi “a volte le persone si fanno male da sé. Pensi a quello che le ho detto.” Poi, mentre stava per salutarlo, si fermò di scatto e aggiunse: “Vorrei chiederle una cortesia: avrei bisogno di parlare anche con sua madre, ma non vorrei metterla in ansia convocandola in modo ufficiale. In questi giorni sto cercando di parlare con chiunque possa aver avuto contatti diretti o indiretti con la vittima e con il suo ambiente di lavoro, per avere un quadro generale della situazione, niente di più. Sarebbe soltanto una chiacchierata.”

“Le procurerò io un colloquio e glielo comunicherò personalmente.” rispose Marcello con decisione.

“Ancora una domanda, che stavo dimenticando. Poi le prometto che me ne andrò e la lascerò finalmente in pace:” rise Diego, sentendosi sollevato anche lui dalla fine del colloquio “Conosce qualcuno che avrebbe potuto nutrire del rancore verso il professor Sereni, o verso di lei?”

“No;” rispose Marcello con fermezza “di Marco so troppo poco per avere sospetti del genere. Quanto a me, di sicuro ci sarà qualcuno a cui sarò antipatico, ma io non lo conosco.”

Diego se ne andò soddisfatto: per il momento aveva avuto le risposte che voleva e adesso gli si apriva la prospettiva più bella, quella di andare ad incontrare Sonia al bar. Era il momento della sua pausa caffè e se non l’avesse trovata lì era disposto a cercarla per tutto il Dipartimento, o addirittura per tutta la città.

Sonia c’era; lui la vide subito, seduta allo stesso tavolino con il suo cappuccino fumante davanti a sé e intenta a leggere un libro. Anche lui si ordinò un cappuccino e se lo portò al tavolino della ragazza chiedendo se l’altra sedia fosse libera. Lei alzò gli occhi con un’espressione sorpresa, ma era chiaro che era contenta di vederlo. Diego interpretò correttamente quello sguardo come un invito a sedersi e nel farlo tirò fuori dalla tasca della giacca a vento un pacchettino ben confezionato che le porse.

“E questo cos’è?” domandò la ragazza in tono divertito. Stava pensando: sta a vedere che sono altri baci e vuole continuare ad interrogarmi sul teatro elisabettiano!

“Sono boeri.” rispose lui quasi le avesse letto nel pensiero e soddisfatto di averla spiazzata.

“Boeri?” Sonia non capiva.

“Sono cioccolatini al liquore, con un cuore caldo di ciliegia che batte per la fortunata ragazza che li addenterà.” La voce del Commissario si era fatta insinuante e stava scivolando in quello che poteva sembrare il tono di un corteggiamento; se ne accorse e riprese: “Mi ha detto la volta scorsa che le piacciono i cioccolatini al liquore e, voilà, le ho portato i miei preferiti. Pare che abbiamo gli stessi gusti.”

“Pare proprio di sì;” osservò Sonia con un sorriso enigmatico “ma, mi dica, Commissario: cosa vuole in cambio? Perché veda, ho capito che tutti i suoi regali in cioccolatini nella sua testa si dovrebbero tradurre in altrettante informazioni e magari anche in aiutini ai fini delle indagini che lei sta conducendo. Però non sono sicura di poterla e di volerla sempre aiutare; per essere più chiara, non potrei mai fare la spia.”

“Questo non glielo chiederei mai,” protestò Diego con l’aria dello studente che è stato appena rimproverato dal professore “ma si metta nei panni di un povero Commissario che sta annaspando nel buio di una vita, quella della vittima, di cui non si conosce quasi nulla perché non era simpatico a nessuno e perciò nessuno lo frequentava. Io devo pur fare delle domande in giro per cercare di risolvere questo rompicapo, perché l’antipatia personale non giustifica un omicidio. Al momento, l’unico che potrebbe aver avuto un movente, seppur poco convincente, per volerlo morto è Marcello Gandini. Ma, conoscendo l’uomo, la cosa mi sembra altamente improbabile.”

Diego aveva pronunciato il nome del professore tenendo gli occhi fissi su Sonia, per vedere la sua reazione, che seguì immediatamente alle sue parole.

“Ma è una follia!” esclamò Sonia con un impeto che dispiacque molto al Commissario “Voglio dire, è una follia pensare che Marcello possa aver anche solo immaginato di avvelenare Marco per punirlo di un’appropriazione indebita di documenti. Lui non sarebbe capace di far male a una mosca.”

“È proprio sicura che l’appropriazione di documenti che rappresentavano il frutto delle sue ricerche fosse l’unico motivo di rancore che Marcello aveva nei confronti del professor Sereni?” Diego aveva posto questa domanda per una ragione ben precisa.

“E quale altro motivo avrebbe potuto avere Marcello per detestare Marco? Immagino che prima di quell’episodio provasse scarsa simpatia per lui, che era un sentimento abbastanza diffuso tra di noi nei confronti di Marco, ma non c’era mai stato nessuno scontro tra di loro, per quanto ne so. Praticamente i due si ignoravano.”

Sonia appariva assolutamente sincera nella sua difesa di Marcello e questo diede al Commissario la certezza che lei non sapeva nulla del tradimento di Angela e del coinvolgimento di Marco in tutta la faccenda. Se lei ne era all’oscuro, avrebbe dovuto continuare ad esserlo e lui avrebbe custodito il segreto di Angela per sottrarlo al pettegolezzo e alla calunnia. Tuttavia, voleva sapere fino a che punto lei fosse a conoscenza della vita di Marcello e dei suoi problemi famigliari e le disse che veniva direttamente da una visita al professore.

“Spero che non lo abbia tormentato con i suoi sospetti infondati; “esclamò Sonia in tono di rimprovero “ha già abbastanza problemi di suo, in famiglia. Non so proprio come riesca a reggere la situazione in cui si è venuto a trovare in questi ultimi mesi e che gli ha sconvolto la vita.”

“Allude ai suoi dissapori con la moglie?” chiese Diego prendendo la palla al balzo “Lei ne conosce il motivo? Pare che si siano lasciati.”

“Vedo che lei è molto bene informato, Commissario.” osservò Sonia decisa a non dir niente che potesse far germogliare qualche nuovo sospetto nel cervello di Diego “No, io non conosco il motivo della loro separazione e quel poco che so lo so perché tra me e Marcello c’è un’amicizia sincera che lo porta a confidarsi con me nei momenti più difficili. Tutti hanno bisogno di un amico, anche le persone più riservate e Marcello è talmente riservato che non mi ha detto più di quanto fosse necessario a spiegare il suo recente e improvviso cambiamento di umore.”

“Bene, credo che dovrò accontentarmi di questa sua laconica dichiarazione, ben lontana dalla piacevolezza delle conversazioni che abbiamo avuto nei giorni scorsi, piene di notizie che, glielo dico senza ironia, hanno anche arricchito la mia cultura.” replicò Diego fingendo una delusione a cui sapeva che Sonia sarebbe rimasta insensibile “Vediamo allora se, spostando la mia lente da Sherlock Holmes su qualche altro personaggio che non sia il professor Gandini, lei potrà farmi avere qualche dritta che mi aiuti a muovermi in questo labirinto di umani sentimenti, di odi, di invidie, di gelosie e di rivalità professionali. Ho chiesto al professore di procurarmi un colloquio con sua madre. Ora lei mi chiederà cosa c’entri sua madre in tutta questa faccenda. Probabilmente niente, ma io ho il dovere di sapere quanto più mi è possibile dell’ambiente che circondava il professor Sereni e, anche se la madre di Marcello ne rimaneva ai margini, penso che dovesse essere in certo modo prevenuta nei confronti di chi aveva fatto uno sgarbo a suo figlio. Ammesso, naturalmente, che lei lo avesse saputo.”

“Sì, lo sapeva e lo detestava per questo,” si affrettò a dire Sonia che stava cercando il modo migliore per aiutare il Commissario senza far convergere i suoi sospetti su qualcuno in particolare, dato che aveva sempre avuto un sacrosanto terrore degli errori giudiziari “ma questo non significa che possa aver desiderato di vederlo morto. Amelia ha sempre vissuto per il figlio e certamente se qualcuno gli fa del male lei se la lega al dito, però quel che ha fatto Marco è stata, sì, una grave scorrettezza ma non tale da esser vendicata con un omicidio.”

“Lei conosce bene la madre di Marcello? Che tipo è? Che lavoro fa?” Diego voleva andare all’appuntamento con lei, quando fosse riuscito ad averlo, ben preparato e con le idee chiare su quello che voleva sapere.

“Sì, la conosco” sospirò Sonia “abbastanza per desiderare di tenermene ragionevolmente a distanza. Pare che sia il tipo di suocera che nessuno vorrebbe, tanto più che abita sotto l’appartamento di suo figlio e quindi può controllare tutto quello che succede in casa di Marcello e mettere il becco su tutto. Per quel che ne so non credo sia il tipo che fa scenate; agisce in modo più subdolo, insinuando dubbi, facendo osservare al figlio come la nuora fa le cose, o non le fa, suggerendogli cosa dovrebbe aspettarsi o pretendere da lei. È sempre stata gelosa di Marcello, ma pare che davanti ad Angela lei provasse un gusto perverso nel tessere le lodi di noi ragazze, sue collaboratrici, proprio per metterla a disagio e farla sentire inadeguata. A volte Marcello si lamentava con me di questo atteggiamento della madre nei confronti di sua moglie, ma è sempre stato troppo buono con lei e non ha mai avuto la forza di rompere questo legame malsano.” Sonia fece una breve pausa, poi improvvisamente ricordò: “Lei, Commissario, mi aveva chiesto che lavoro fa Amelia. Purtroppo, è in pensione e ha tutto il tempo per rovinare la vita a suo figlio. Fino a qualche anno fa faceva l’insegnante; ha insegnato scienze alle superiori per tutta una vita.”

Quest’ultima informazione accese una scintilla nella mente già abbastanza infiammabile del Commissario: le scienze, a scuola, comprendevano anche la botanica e sicuramente la signora doveva conoscere le proprietà delle piante e dei fiori, soprattutto di quelli velenosi. Mentre si congratulava con sé stesso per aver avuto la brillante idea di chiedere informazioni su Amelia alla persona che, nonostante i suoi scrupoli più che legittimi, sarebbe stata più disponibile a dargliene, gli attraversò la mente un’altra domanda di estrema rilevanza che aveva già posto a Marcello e a cui lui non aveva saputo, o voluto, rispondere.

“Sonia,” e qui Diego assunse un tono solenne “lei sa di qualcuno che avrebbe potuto avercela a morte con il professor Gandini, oppure con Marco? La prego, rifletta bene, perché mi sarebbe di grande aiuto.”

Sonia voleva veramente essere di aiuto al Commissario, e ancora di più lo voleva quando lui la guardava intensamente con quei due occhi verde smeraldo come stava facendo ora; perciò si concentrò e d’un tratto ebbe un’illuminazione.

“Sì, c’è un laureando,” disse “che ha litigato con Marco perché si è rifiutato di approvargli il titolo della tesi e di seguirlo nella stesura adducendo come scusa i troppi impegni, quando gli aveva già promesso di farlo laureare con lui. Il ragazzo allora si è rivolto a Marcello, optando per una tesi in storia medievale, e Marcello lo sta tuttora seguendo. Tuttavia, non ha mai perdonato Marco per il suo voltafaccia. Ricordo bene il nome dello studente, perché non è tanto comune: si chiama Licinio. Il cognome invece non lo so, non glielo ho mai chiesto. Però, di nuovo Commissario la prego, non giunga a conclusioni troppo affrettate: un conto è nutrire del risentimento e un conto è progettare un omicidio.”

Il Commissario la tranquillizzò regalandole un altro di quei suoi sguardi magnetici che sembravano essere così efficaci nel far sciogliere la lingua alla sua ricercatrice preferita e la salutò a malincuore poiché aveva ormai esaurito tutte le domande e anche Sonia aveva esaurito il tempo della sua pausa caffè.

CONTINUA

IL FIORE DEL MALE è un romanzo di Luisa Zilo

genere: THRILLER

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