IL PESCE ROSSO di Mariangela Colaguori
genere: INFANZIA E ADOLESCENZA
Agata è una bambina sorridente e vivace che trascorre le sue giornate assieme ad Oblò, il
suo pesce rosso tanto curioso quanto fifone.
La loro è un’amicizia profonda e speciale, ma ad un certo punto si troveranno
di fronte ad una scelta difficile che cambierà per sempre la vita di entrambi.
È una piccola storia che esalta i valori dell’amicizia e della generosità, destinato ai bambini,
ma si rivolge anche a quegli adulti che non hanno mai smesso di ascoltare la
purezza del proprio cuore perché – come ci ricorda Oblò – “l’importante è crescere non diventare grandi”
Sul viso, una spolverata di lentiggini, come le stelle nel cielo di notte.
Quei puntini sugli zigomi di Agata si muovono ad ogni sua espressione e lasciano spazio ad ogni suo generoso sorriso.
Questa bambina ha un’abitudine curiosa. Non c’è mattina che non faccia una cosa: lavarsi i denti.
E fin qui, si direbbe, nulla di insolito o di stravagante. Impiega più tempo di qualsiasi altra persona nel farlo e non perché ci dedichi maggior cura. Inizia come tutti: mette un’onda di dentifricio sulle setole dello spazzolino, lo passa sotto il getto d’acqua e comincia a muoverlo sui denti dall’alto verso il basso, proprio come le hanno insegnato.
A un certo punto, però, si ferma. Sale sulle punte dei piedi per avvicinarsi il più possibile alla sua immagine riflessa nello specchio e, in questa posizione, tenendo fisso lo sguardo sul viso, comincia a contare le sue piccole lentiggini, una ad una, puntandole scrupolosamente con l’indice per non sbagliare.
Come se quei puntini sparissero la notte con il sonno e rispuntassero misteriosamente al mattino, anche oggi Agata sembra sorpresa di rivedere quelle numerose e simpatiche macchioline sul suo volto, e, come ogni giorno oramai, ricomincia il conto.
Stavolta non riesce a contarle tutte, neppure quelle di una guancia sola, perché il dentifricio inizia a bruciare ed ecco che, mentre saltella per resistere al fastidio, gira a due mani e con foga la manopola del lavandino.
Fa scorrere l’acqua a tutto spiano e se ne riempie la bocca con un’espressione di soddisfazione, tanto che gli occhi sono lucidi dal sollievo. È allora che torna a guardarsi allo specchio: le guance sono tirate al massimo, tanto da sommergere gli zigomi per quanto gonfie, fanno pensare a delle bombe d’acqua a orologeria facendo apparire Agata come un pesce che trattiene il fiato.
Stamattina Agata si sofferma più del solito ad osservarsi, inizia a fare buffe smorfie allo specchio: strizza un occhio, poi un altro, sposta l’acqua da una guancia all’altra, prova addirittura a parlare.
‹‹Mmuuofooonno›› sembra voglia dire «buongiorno».
Riprova, ‹‹Mmmmuofo…›› ma a metà parola scoppia a ridere.
Una fragorosa e divertita risata. Copre la bocca con le mani tentando di trattenere l’acqua che invece zampilla tra le dita e, come una fontana, finisce schizzando lo specchio in centinaia di goccioline.
‹‹Agata, è tardi! Sei pronta?›› la richiama sua madre.
‹‹Si, eccomi!›› risponde furtiva lei.
Stavolta ho esagerato, pensa.
Prende l’asciugamano, lo struscia sulla bocca per asciugarla e cerca di assorbire in fretta l’acqua finita sullo specchio, cancellando tutte le gocce che vede.
Corre per il corridoio, entra nella sua cameretta, raccatta libri e quaderni e, mentre si allaccia le scarpe, volta lo sguardo verso la libreria per salutare Oblò, il suo pesce rosso, che ricambia il saluto facendo una smorfia con la bocca e una piroetta tra le verdi alghe.
‹‹Tieniti pronto, appena torno da scuola andremo in esplorazione, e mi raccomando, acqua in bocca!›› dice la bambina mettendo la faccia quasi dentro l’acquario.
Oblò si avvicina alla superficie, tira fuori la testolina e risponde:
‹‹Beh, questo so farlo bene!›› strizza un occhio e si rituffa.
‹‹Oggi sembri davvero di buon umore, sarà perché fuori piove e tu, più acqua vedi, più sei felice!››
‹‹Davvero simpatica! Sì, simpatica proprio come un amo da pesca!›› e si volta dandole le spalle, anzi, le pinne.
Lei, con il faccino schiacciato contro il vetro dell’acquario, risponde con una boccaccia e scappa via dopo l’ennesimo richiamo della madre.
Oblò adora quando si appanna il vetro dell’acquario, si sente come in una nuvola, sospeso nel cielo, e si gode questo momento finché il vapore pian piano non svanisce e lo riporta dolcemente nelle acque. Trova questo momento una specie di magia, una meravigliosa illusione.
Oblò è un pesciolino rosso di poche parole ma in compenso ha un ottimo udito nonostante viva sott’acqua: sente e riconosce tutti i rumori, anche i più insoliti per un pesce, come il soffio del vento tra gli alberi o il motore di un’automobile in arrivo, o, i più terribili per lui, i versi dei gatti.
Riesce a percepire i miagolii da distanze impensabili, per lui equivalgono a feroci ruggiti.
Un brivido di paura lo attraversa anche se viene solo pronunciata la parola gatto, se poi, anche solo per gioco, se ne imita il verso, Oblò inizia a sudare e, vi assicuro, è molto difficile riuscire a sudare sott’acqua, bisogna avere proprio un’enorme strizza per riuscirci.
Oblò, finora, non ha mai avuto contatti ravvicinati con i gatti ma ha sentito tante storie al riguardo; pertanto, il suo peggiore incubo sarebbe proprio quello di trovarsi faccia a faccia con un bel paio di baffi lunghi e due canini bianchi ben affilati.
Quella felina è la sua più grande fobia e per questo non lo si può certo giudicare un fifone: quale pesce non avrebbe paura di una zampa con artigli ben in vista che prova a pescare la sua preda in un acquario?!
Oblò è un pesciolino sensibile, pieno di timori ma anche di sentimenti. Quando è malinconico si nasconde nel baule dei tesori che sta in fondo all’acquario in mezzo a perle, monete d’oro e ai bottini dei pirati. È il suo rifugio luccicante.
Agata lo conosce bene, sa che quando è arrabbiato o nervoso diventa muto come un pesce e nuota facendo cerchi concentrici finché non inizia a girargli la testa, a quel punto è costretto a fermarsi o a invertire direzione.
In questo caso c’è solo un modo per fargli tornare il sorriso: fare un bel disegno dai colori scintillanti e attaccarlo con il nastro adesivo lungo il vetro dell’acquario, meglio ancora se si tratta di un paesaggio sottomarino.
Agata non vuole certo farlo sentire un pesce fuor d’acqua! È per renderlo meno solo e triste che Agata di tanto in tanto gli narra avventure e aneddoti su pesci e mondi sommersi. E allora prendono forma creature variopinte: meduse, gamberi, granchi e tutte le specie che Agata può immaginare e disegnare.
Di storie e di universi che la bambina inventa per il suo amichetto rosso ce ne sono tantissimi, come quando raccontò la storia dei polpi.
‹‹Guarda, sono tornati i tuoi amici: Bruno, il paguro, Musa, la medusa, e Dino, il delfino›› dice la bambina per affascinare il pesce.
‹‹Hanno impiegato più tempo del solito ad arrivare poiché questa volta vengono da molto lontano, da un posto che si chiama Oceano. Dicono che sia enorme, molto profondo, fatto di abissi inesplorati e abitato da numerose creature marine. Lì ci sono esseri buffi e appiccicosi come i polpi, questi hanno la testa a uovo e decine di tentacoli.››
‹‹Tentacoli??›› chiede Oblò curioso, che sì, è un pesce, ma è stato portato via dal mare appena nato per cui non conosce quasi nulla del regno delle acque libere, se non quello che gli viene raccontato.
‹‹I tentacoli sono un po’ come delle braccia a cui però mancano le mani›› spiega la bambina.
‹‹E come fanno a prendere le cose?›› osserva giustamente Oblò.
‹‹I polpi arrotolano il tentacolo attorno all’oggetto in una morsa strettissima, che può anche uccidere.››
A queste parole Oblò fa un giro su sé stesso, come per scaricare il timore che lo ha colto.
‹‹Ma non è l’unica loro arma. I polpi si difendono anche spruzzando inchiostro nero contro i predatori.››
‹‹Che cos’è l’inchiostro?›› interviene Oblò.
‹‹È qualcosa di simile a quello che uso io per disegnare.››
‹‹Beh, non mi sembra molto affilata come arma!›› sorride dubbioso.
‹‹Infatti, non serve a ferire ma a creare un’ottima via di fuga in situazioni di pericolo. Il getto d’inchiostro viene usato per oscurare la vista dei predatori, in modo che il polpo abbia il tempo di nascondersi meglio o di scappare. Devi sapere che l’inchiostro è una risorsa che non può essere sprecata, va usato con parsimonia poiché serve anche ad altri scopi, altrettanto importanti. I polpi sono molto utili alle società marine, sono loro a disegnare le frecce di direzione che indicano dove si trovano i mari e a segnalare i pericoli degli abissi. Senza di loro i piccoli pesci si perderebbero nelle correnti o verrebbero risucchiati dai mulinelli. Quindi, se un giorno capiterai nell’Oceano, fa’ attenzione ai segnali se non vorrai perderti e, soprattutto, non disturbare i polpi mentre compiono il loro lavoro!››
‹‹He! He! He! Me ne ricorderò›› ridacchia Oblò mentre fa una capriola.
‹‹Cos’altro raccontano i miei amici venuti fin qui dai mari lontani?›› chiede Oblò desideroso che la storia continui.
‹‹Mi dicono che nell’Oceano hanno avuto la possibilità di vedere con i propri occhi un’orca. Si tratta di un essere gigante, grande un milione di volte un pesce rosso.››
‹‹Ma come fa questo Oceano a contenere una creatura così grande? È impossibile›› sgrana gli occhi Oblò.
‹‹E invece è proprio così. L’Oceano è immenso, è milioni di volte più grande di un’orca. Sembra addirittura infinito, ma, se impari a nuotarci dentro senza perderti, può portarti in tutti i posti della terra, dovunque tu voglia.››
‹‹Non lo riesco a immaginare tutto insieme questo Oceano, per quanto è grande esce fuori anche dalla mia immaginazione,›› confessa Oblò ridendo, ‹‹anche ad immaginare un’orca, in realtà, ho qualche difficoltà.››
‹‹Lo posso capire›› aggiunge Agata ‹‹pensa che l’orca è talmente grande che quando si tuffa l’impatto del suo corpo sulle acque fa spostare interi mari. È grazie ai suoi tuffi a largo che i surfisti possono fare le loro acrobazie tra le creste delle onde.››
‹‹Onde?›› chiede Oblò.
‹‹Si, queste!›› risponde Agata mentre solleva da un lato l’acquario per crearne qualcuna.
Oblò impallidisce, per quanto il colorito di un pesce rosso possa sbiadire, e si ripara sul fondale dietro un’alga.
‹‹Ti sono piaciute?›› chiede lei.
‹‹Niente affatto, mi hai spaventato.››
‹‹Ti spaventi delle onde, ma che pesce sei?››
‹‹Sono un pesce rosso mica un surfista nell’oceano!››
Ve ne sarete accorti, Oblò è un pesciolino molto sveglio e curioso ma alquanto pauroso. Teme il mondo che c’è fuori dal suo acquario ma allo stesso tempo è attratto dai racconti sul mare aperto e sulle profondità marine.
Questo Agata lo sa bene.
È per farlo sentire a suo agio che ha riempito l’acquario di sabbia, ciottoli, alghe e stelle marine. Agata gli ha costruito un letto di spugne dentro il vecchio guscio di un grosso paguro e un castello, dove Oblò può rifugiarsi quando la luce artificiale lo infastidisce, così da poter riposare indisturbato nella penombra.
La bambina fa di tutto per farlo star bene e cerca di soddisfare le curiosità del pesce con i suoi racconti poco veritieri e molto fantasiosi che riguardano le creature marine e le loro vicende avventurose, in modo che anche Oblò possa sentirsi parte di quel mare.
La mattinata è ormai giunta al termine, la pioggia ha smesso di cadere per lasciar posto ad un caldo Sole, Agata è appena tornata da scuola e non vede l’ora di mettere in atto la sorpresa per il suo amichetto.
‹‹Oblòòò! Eccomi! Ti porto in un posto che ti renderà il pesce più contento del mondo, anzi, dell’Oceano›› urla a squarciagola Agata ‹‹devo solo pensare a come trasportarti…››
‹‹Trasportarmi? E dove? Non fare sciocchezze…lo sai che io non sopravvivo se mi tieni a lungo fuori dall’acqua, tendo a disidratarmi molto velocemente››
‹‹Tranquillo, non correrai il rischio di diventare un pesce secco!›› ribatte lei mentre fa la linguaccia.
‹‹Ho trovato! Dammi solo qualche minuto per preparare il necessario. Torno subito. Tu, intanto, tieniti pronto e fatti bello per l’occasione.››
‹‹Bello?! Ma io lo sono già!›› risponde Oblò, fiero del suo fisico filiforme e della lucentezza della sua pelle. Anche se un velo di insicurezza sembra colpirlo e, allora, scatta sul fondale verso il baule dei tesori: lì c’è uno specchio.
Si dà una rapida guardata alle squame per vedere se sono tutte in ordine, tutte con lo stesso verso. Poi, dopo aver controllato che la sua fluente cresta rossa fosse in ordine e ben pettinata, risale in fretta dal fondale e si mette a fischiettare indifferente nella sua bolla di vetro mentre sente in lontananza i passi di Agata incalzare verso la stanza.
La bambina ha tra le mani un retino in miniatura, congegnato apposta per il suo amichetto, e mentre lo cala nell’acquario, dice con tono sicuro:
‹‹Ci siamo! Adesso tocca a te, dovrai entrare all’interno di questa piccola rete e una volta qui ti trasferirò in questa bustina di plastica trasparente, ma non preoccuparti, l’ho riempita con dell’acqua, così starai bene!››
‹‹In una bustina da freezer? Ma stai scherzando? Io non mi muovo di qua!›› e dicendo questo, Oblò si nasconde dove il retino non può catturarlo, all’interno del castello.
‹‹Non fare il solito pauroso, ci sono io! Non succederà niente di male, credimi!›› prova a convincerlo Agata.
‹‹Quel sacchetto potrebbe rompersi e io farei una brutta fine!››
‹‹Ma no, dai, non fare storie e andiamo!››
‹‹Ma dove hai intenzione di portarmi?››
‹‹Che sorpresa sarebbe se te lo dicessi! Per una volta fidati, per favore››
Agata avvicina il retino al castello e aspetta paziente qualche secondo.
Oblò fa capolino, poi rientra, poi si riaffaccia combattuto e alla fine cede. Entra nella rete, si sistema con cura le pinne ed esclama:
‹‹Ad una condizione: fai uscire piano il retino dall’acqua, soffro di cuore e un impatto improvviso con l’aria potrebbe procurarmi un infarto.››
‹‹Ma se sei sano come un pesce!›› risponde Agata mentre lo tira su e lo trasferisce delicatamente nel sacchetto che si accinge a chiudere con un bel nodo.
‹‹Beh, come si sta là dentro?›› chiede lei.
Dopo essersi sgranchito le pinne Oblò risponde:
‹‹È un po’ strettino qui ma pensavo peggio…››
Agata, con il suo pesce rosso imbustato, esce di casa, poggia il sacchetto sul prato e si raccomanda ad Oblò:
‹‹Non ti muovere, arrivo subito. Vado a prendere la bicicletta.››
‹‹Non ti muovere? E come potrei? Sono intrappolato! Ma dove mi ha lasciato? Su una distesa di strane alghe verdi! Che roba è?!!! Ho sentito bene: LA BICICLETTA??? NOOO!!!!››
Oblò comincia davvero ad agitarsi. Ha gli occhi a palla. È verde, viola poi bianco. Stavolta è terrorizzato come non mai e per di più ha visto un gatto.
Ebbene sì.
E, cosa ancor peggiore, il gatto ha visto lui.
Si sta avvicinando, eccolo che arriva, Oblò si immobilizza e comincia a sudare freddo (non chiedetemi come fa un pesce a sudare, ho già precedentemente espresso le mie difficoltà di spiegazione in merito).
Il muso del gatto si avvicina al sacchetto, quel faccione appare ad Oblò ancora più grande di quello che è per l’effetto deformante della plastica.
Il gatto appoggia una zampa sulla bustina e la scuote un po’.
Oblò si muove e si agita, ecco che il gatto ci prende gusto e comincia a premere sul sacchetto con le zampe.
‹‹Driiiin driiiinn driiiiiiiiiiiiiinnn›› suona il campanello della bici con sopra Agata che pedala all’impazzata. ‹‹ARRIVOOO!!!›› grida la bambina a gran voce mettendo in fuga il gatto e salvando la pelle e le squame del suo pesce rosso.
‹‹Preso! Eccoti qua! Ora stai buono qui›› e mette Oblò nel cestino della bici
‹‹Goditi il panorama e non aver paura della velocità. Divertiti!!››
Oblò non parla, è imbalsamato dallo spavento, sembra uno stoccafisso.
Cominciano discese, curve, buche, frenate improvvise ma poi finalmente arrivano a destinazione.
Agata prende il sacchetto tra le mani:
‹‹Ehi, tutto bene? Siamo arrivati!››
E Oblò:
‹‹Mi gira tutto, ho il mal di mare!››
‹‹Ma chi? Tu? Ma sei un pesce!›› sorride lei ‹‹Piuttosto, guarda laggiù!››
‹‹Ma…ma quello è il mare???!!! È spettacolare! È lì dentro che sono nato io! Non posso credere che mi trovi così vicino alle sue acque!›› Oblò fatica a credere ai suoi occhi.
‹‹Ora ci avviciniamo ancora un po’. Anzi, ho un’idea migliore!›› insinua Agata.
La bambina poggia per un istante Oblò sulla sabbia, si toglie scarpe e calzini, risvolta il pantalone fino al ginocchio e riprende tra le mani il sacchetto. Lentamente si avvicina alla riva e piano piano entra nell’acqua. Porta il sacchetto davanti al suo naso, guarda Oblò dritto negli occhi e gli dice:
‹‹Tieniti pronto, questo è il tuo momento.››
Il pesce rosso non proferisce parola, è in uno stato paralizzante di gioia, emozione e paura.
Agata si piega e immerge la busta nell’acqua, tenendola sempre stretta tra le dita.
Oblò guarda fuori, anzi, dentro al mare, in lontananza verso il largo fin dove il suo sguardo può scorgere, lì dove il colore si fa di un blu sempre più intenso.
Sente il verso dei delfini.
Comprende cosa vuol dire essere cullato dalle onde.
Vede piccoli pesci in branco girare attorno al suo sacchetto e alle caviglie di Agata, li vede giocare tra di loro a rincorrersi e per poi disperdersi dietro agli scogli lontani.
Nota una luce diversa lì sotto.
Si sente nel posto giusto, nel suo mondo.
La visione di tutto questo risveglia in lui una memoria sommersa.
Si sente avvolto e protetto come in un abbraccio invisibile.
Ascolta finalmente il suono del mare, che non è proprio un suono ma un vero e proprio richiamo.
Agata tira su la bustina ed emozionata quanto Oblò domanda:
‹‹È come te lo immaginavi?››
‹‹Molto di più. È meraviglioso!››
‹‹Hai ragione. L’immaginazione, per quanto fervida, può arrivare fino a un certo punto. Alcune emozioni non si possono immaginare, possono solo essere vissute. Adesso però è ora di tornare a casa.››
Così i due si mettono sulla strada del ritorno in sella alla bici.
Il tragitto sembra più breve adesso, forse perché i pensieri e le immagini affollano la mente e il cuore di entrambi.
Una volta rientrati a casa, Agata sistema pian piano Oblò nella sua ampolla, il quale, senza fiatare, rientra nella sua dolce casetta.
I due, dopo aver sgranocchiato qualcosa, stanchi morti per le peripezie della giornata, si lasciano catturare dal sonno fino al mattino seguente.
Le prime luci penetrano dalla finestra e pian piano cancellano le ombre sul viso di Agata che ancora dorme rapita dai sogni.
Oblò, invece, è arzillo e riposato, gira senza sosta nell’acquario, è frenetico ed eccitato poiché porta ancora su di sé le emozioni del giorno precedente.
Suona la sveglia ed è ora di alzarsi anche per Agata.
La bambina si strofina gli occhi e, mentre spalanca la bocca in un grosso sbadiglio, si stiracchia le braccia.
Piano piano si mette seduta sul bordo del letto ancora caldo, saluta Oblò con un sorriso e gli lancia una zolletta di zucchero nell’acqua: lui va matto per i cibi dolci.
Comincia una nuova giornata e per Agata ricomincia la tiritera in bagno con il lavaggio dei denti e la conta delle lentiggini.
Spalma il dentifricio, bagna lo spazzolino sotto l’acqua, inizia a contare i suoi puntini e, come vuole la routine, si interrompe per sciacquare la bocca non resistendo più al bruciore della schiuma del dentifricio.
‹‹Uffa!›› esclama mentre rientra in camera ‹‹Non ce la farò mai a sapere quante lentiggini ho e a tenerne il conto.››
Oblò sente le sue parole e interviene:
‹‹Scusa ma a cosa ti serve sapere quante lentiggini hai? Anche io, ad esempio, ho molte squame, ma non mi è mai venuto in mente di contarle.››
‹‹Perché è solo così che saprò quando non sarò più una bambina.››
‹‹Come? Ma che significa! Spiegati meglio›› domanda perplesso Oblò, che, se avesse avuto braccia e mani, si sarebbe grattato la testa pensieroso.
‹‹Una volta ho chiesto a mia madre come farò a capire quando sarò diventata grande e lei mi ha risposto: – Quando non avrai più lentiggini sul viso-. Allora io cerco di tenerne il conto per vedere se di giorno in giorno diminuiscono.››
‹‹Mmm…secondo me questa risposta non va presa alla lettera…››
‹‹Che vuol dire?›› chiede Agata.
‹‹Beh…se consideriamo le lentiggini un po’ come le squame, per quello che posso saperne, non credo proprio che si cancellino con il tempo, quindi penso che il significato della risposta di tua madre sia che in parte conserverai sempre dentro di te lo spirito di una bambina anche se gli anni passeranno. Quello che sei ora lo porterai sempre con te, come le lentiggini.››
‹‹Ma allora non diventerò mai grande?››
‹‹Certo che sì. Ma diventare grande non vuol dire crescere. Forse quando smetterai di voler diventare grande a tutti i costi sarai davvero cresciuta.››
‹‹Sono un po’ confusa adesso…›› confessa Agata ‹‹…e io che pensavo fossi un semplice pesce rosso! In quest’ampolla si cela uno dei più grandi pensatori d’acqua salata…ah ah ah!››
‹‹Ed io sapevo di essere sempre stato sottovalutato…›› risponde lui dandosi qualche aria.
In effetti ora è chiaro il significato della bizzarra abitudine di Agata di contarsi le lentiggini.
Chi avrebbe mai pensato che un pesciolino rosso, tanto piccolo e piuttosto pauroso, avrebbe potuto dare questa saggia risposta, anche se, a pensarci bene, lì nell’acquario c’è molto tempo per riflettere e meditare.
I giorni trascorrono in fretta, più o meno come al solito, ma Oblò ultimamente passa molto tempo rinchiuso nel suo castello e sembra essere alquanto malinconico.
Agata torna da scuola e, come d’abitudine, entra subito a salutare il suo amichetto.
Oggi si accorge che c’è davvero qualcosa che non va nell’umore del suo pesciolino.
Prova a chiamarlo e getta nella vasca una zolletta di zucchero per vedere se abbocca ma niente da fare: Oblò resta rintanato e nascosto.
Allora Agata, per risollevare lo stato d’animo del suo pesciolino, si siede alla scrivania e comincia a fare un bel disegno pieno di tinte forti e di nuovi personaggi marini.
Finito il lavoro, attacca il foglio sul vetro dell’acquario e comincia la storia sperando che Oblò torni quello di sempre.
‹‹Ecco qui Mariella, la signora anguilla. Non so se hai mai sentito parlare di lei perché non abita i mari o gli Oceani ma è una creatura che vive nelle acque dolci. E sono sicura che a te le acque dolci piacerebbero tanto poiché sei un pesce davvero goloso!››
Agata intanto butta un occhio per vedere se Oblò si sente coinvolto dalla storia tanto da uscire allo scoperto.
Ma niente, del pesce rosso non se ne scorge neppure l’ombra.
Così la bambina continua:
‹‹Questa creatura è molto, molto pericolosa. È simile a un serpente e si dice che riesca a stare sia in acqua che fuori. Si nutre di piccoli pesci ma anche di altri animaletti che trova sulla terraferma. La cosa più strana sai qual è? Che può emanare scariche elettriche in grado di uccidere anche una persona.››
‹‹Scariche elettriche?›› finalmente interviene Oblò, mosso dalla curiosità.
‹‹Si, una specie di vibrazione fortissima. Hai presente quando ci sono i temporali e in cielo si vedono i fulmini?! Quelle sono scariche elettriche. Immagina che dal suo corpo possano uscire tanti fulmini. Esattamente così! Incredibile vero?››
‹‹Abbastanza›› commenta Oblò senza alcun entusiasmo.
‹‹Cosa c’è? Non ti è piaciuta questa storia?››
‹‹No, non è questo.››
‹‹E cos’hai allora?››
‹‹Ho una strana malinconia.››
‹‹Per cosa?››
‹‹Da quando mi hai portato al mare, sono inquieto. Mi domando continuamente cosa si possa provare a nuotare in acque senza confini. Non faccio altro che pensare a tutte quelle creature, ai paesaggi e a chissà cos’altro potrei vedere che qui dentro non riesco neppure ad immaginare. Penso alla bellezza di avere amici della stessa specie con cui crescere ed imparare. Quando dormo, sogno di essere circondato dal mare blu e di essere cullato dal movimento incessante delle sue onde. È come se fosse una strana nostalgia. Anche se non ho mai vissuto come un vero pesce, sento che è nel mare che troverei quel qualcosa che adesso so che mi manca e che mi è sempre mancato. L’idea di nuotare libero nelle profondità marine è un sogno che mi attrae ma allo stesso tempo mi spaventa. Temo di finire ingoiato da un’orca appena metterò le pinne in acqua o stritolato da un polpo o sbattuto su uno scoglio da una corrente troppo forte; non posso sapere cosa potrebbe accadermi e questo mi fa paura, ma so, con tutto me stesso, che ora che ho visto il mare non posso più vivere in un acquario. Credo che quello che sento sia il richiamo del mare.››
Sul volto del pesce scende una lacrima e anche su quello di Agata che mai avrebbe immaginato di sentire quelle parole.
Non avrebbe mai pensato di doversi separare in questo modo dal suo amico speciale.
Lei, che aveva fatto di tutto per il suo Oblò, che con le sue storie aveva voluto trasmettergli le atmosfere dei mari e degli oceani per non farlo sentire solo, che lo aveva considerato molto più di un comune pesce rosso, è lei, ora, a sentirsi abbandonata dal suo miglior compagno, adesso è lei a sentirsi persa.
La bambina adesso prova un forte dolore e un senso di profondo sconforto. Questi sono i tristi pensieri e le emozioni che abitano la mente e il cuore della piccola ragazza.
Non appena le lacrime smettono di segnarle le guance, dopo esser passate su ogni lentiggine del suo volto, quel forte senso di delusione pian piano si schiarisce e Agata inizia a riflettere diversamente.
Pensa che, in fondo, era stata proprio lei ad insegnare al suo amico che fuori dalla bolla di vetro in cui era sempre vissuto esiste un mondo immenso e meraviglioso, era stata proprio lei ad offrire ad Oblò quella sensazione di libertà che poi non si può più chiedere indietro.
Agata si domanda se, in verità, dentro sé stessa non avesse in qualche modo sempre saputo che quella bolla di vetro prima o poi sarebbe diventata troppo stretta per il suo amico. La bambina non si pente di aver offerto un più ampio orizzonte al suo amico.
Ripercorrendo i ricordi del loro vissuto insieme, ogni momento che ha dedicato ad Oblò con le sue storie, i suoi racconti e le sue spiegazioni è stato un momento di gioia e, pensando di tornare indietro, sa bene che non avrebbe mai potuto fare diversamente, poiché non avrebbe mai potuto negare la generosità del suo cuore e la purezza della sua anima.
Ha compreso bene che quando si assapora la libertà di vivere la propria natura in totale completezza, non si può più farne a meno. Agata adesso crede con tutta sé stessa che sia giunto il momento di separarsi dal suo amico e che, nonostante tutto, sia giusto così. Soffre all’idea di perderlo per sempre e di non poterlo vedere mai più, ma conosce le ragioni del cuore e non può fare altro che offrire la libertà al suo pesce preferito. Non può fare altro che lasciarlo andare per renderlo felice.
‹‹Lo sai perché ti ho chiamato Oblò?›› chiede Agata, con una voce leggera come il vento ‹‹L’oblò è una piccola finestrella che si trova sui fianchi delle navi. Da lì puoi scrutare il mare, entrandoci dentro e allo stesso tempo restandone separato, esattamente ciò che hai fatto tu dal tuo acquario fino ad ora. Penso proprio che per te sia arrivato il momento di vivere libero, di nuotare tra i fondali con le altre specie marine, di superare le paure e di imparare a crescere. Me l’hai detto tu che è più importante crescere che diventare grandi, ricordi? Questo è il tuo momento per farlo.››
Rimangono entrambi in silenzio per alcuni interminabili secondi.
Agata stringe l’acquario in un forte abbraccio. L’ultimo.
‹‹Io ti porterò sempre con me, come le mie lentiggini.››
Oblò resta senza parole, attraversato dalle emozioni e da un futuro che non riesce bene a figurarsi.
Ora lui deve solo farsi coraggio per poter vivere il suo sogno e riconquistare pienamente la sua natura.
Quanto ad Agata, non è ancora diventata grande, ma non si può certo dire che non sia cresciuta.
IL PESCE ROSSO è un racconto di Mariangela Colaguori
genere: INFANZIA E ADOLESCENZA