POLVERE DI MAGIA di Sara De Rosa

C’è un periodo dell’anno che si riempie di magia per chi la sa scorgere.

È quello delle feste natalizie.

I bambini hanno la prerogativa di vivere la magia di questi giorni in modo naturale. Perciò, si dice che il Natale è la festa dei bimbi poiché qualcosa di magico traspare dai loro occhi.

Quello appena passato è stato molto particolare e difficile per tutti.

Proprio per questo, nonostante i miei quarant’anni, mi sono sentita ancora bambina, forse più dei miei figli che mi rivolgevano sguardi increduli mentre addobbavo la casa con frenesia.

Sono tornata indietro con la mente agli anni nei quali ho iniziato a frequentare la scuola elementare. Non vedevo l’ora che arrivasse il momento di preparare l’albero, addobbare la sala, preparare i segnaposti.

Già a fine novembre e inizi di dicembre, andavamo con la mamma a fare gli acquisti dei regali per le nonne e per i partecipanti al pranzo. Lei voleva fare tutto prima possibile, in modo da essere tranquilla ed evitare contrattempi.

Arrivava, poi, il pomeriggio designato per preparare i cappelletti emiliani.

Era un evento “tutto dedicato alla donna”.

In cucina accadeva una vera rivoluzione.

Mio padre lo viveva con timore e preferiva non essere presente. Se ne usciva di casa e ritornava a cose fatte.

 Io e mia sorella volevamo, invece, essere protagoniste.  La nostra opera, però, risultava essere più un ostacolo che un aiuto concreto. Infatti, dopo un paio d’ore cominciavano le urla di mia madre:

«Diamoci una mossa! Se no ci mettiamo fino a domani!»

Era un’incitazione diretta più che altro a sé stessa, che in noi bambine generava risate.

Preparare i cappelletti sembra un’operazione semplice. Ci vuole, invece, una manualità eccezionale e tanta esperienza.

Quando c’era ancora la nonna era tutta un’altra situazione. I cappelletti li facevamo a casa sua. La nonna era velocissima.  Nemmeno la mamma riusciva ad essere competitiva come lei. Noi bambine eravamo veramente un elemento di disturbo e basta!

Quanto mi manca, ancora oggi, dopo quasi vent’anni, la voce della nonna che ci rimproverava amorevolmente appena noi sbagliavamo qualcosa! … E noi ridevamo!

Era un lavoro lungo, delicato e che richiedeva anche una certa fatica.

Alla fine, però, di grande soddisfazione. Perciò, ne valeva la pena.

Come era piacevole gustare i cappelletti con il brodo caldo, tutti insieme, il giorno di Natale a pranzo!

Papà ha sempre brontolato perché non sono mai stati il suo piatto preferito. Da bravo uomo del sud predilige pranzi e cene a base di pesce. Essendo, tuttavia, in minoranza ha continuato a farsi coinvolgere dalla magia di quel giorno magico.

Il pomeriggio, poi, si trascorreva in famiglia, giocando a tombola, ad altri passatempo di società, facendo merenda con mandarini, noccioline, pandoro…

Ogni tanto qualcuno si prendeva una pausa, addormentandosi davanti al camino.

Fino a sera stavamo insieme, anche solo per bere un the caldo davanti alla tv visto che eravamo tutti sazi dal pranzo.

Prima di quella giornata ce n’era stata un’altra molto speciale, anzi una notte: quella che precede la festa di Santa Lucia, il favoloso arrivo della maggior parte dei nostri doni.

Almeno un mese prima cominciavamo a stilare la lista di quelli che erano i nostri desideri sempre più numerosi. Obiettivamente avevamo meno dei bimbi di oggi.

Come mamma, devo riconoscere che forse sbaglio con i miei bimbi. Infatti, sono talmente abituati ad avere tutto che si fa fatica a trovare qualcosa che possa fargli provare entusiasmo, desiderio, voglia di avere un qualcosa che non si ha.

È restato, in ogni modo, impresso nei miei occhi lo sguardo stupito di quando tutti e tre, ancora in pigiama e mezzi assonnati, si sono alzati e hanno visto i regali sotto l’albero acceso e illuminato; sul camino le loro pantofole allineate e piene di dolci; un biscottino e un bicchiere di latte per il povero asinello di Santa Lucia, che ogni tanto trova un po’ di ristoro nelle varie abitazioni.

Mi sono rivista in loro quando scendevo piano le scale, che dalle camere da letto conducevano alla sala, sbirciando per vedere se anche quest’anno fossi stata brava e fossi stata premiata; scartare i pacchi infiocchettati e colorati; vivere l’entusiasmo di scoprire dai dettagli che si intravedevano dalla carta regalo che quello fosse proprio l’oggetto da me desiderato. Sono sensazioni che solo a descriverle ora mi fanno rivivere le stesse emozioni.

Anche quest’anno abbiamo rivissuto la magica nottata. I due grandi hanno già scoperto la verità sulla reale esistenza di Santa Lucia, ma sono stati tenerissimi nel darmi una mano a rendere magica l’attesa al piccolino di casa che, non sapendo ancora scrivere, si fa aiutare dai fratelli a preparare la lettera da inviare alla Santa, dopo una accurata scelta dei giocattoli.

Credo di essere bambina quanto loro in questo, ci tengo molto perché è una di quelle immagini di tenerezza, gioia e amore che ho sempre nel mio cuore come figlia e ora vorrei che portassero con me anche i miei figli, da mamma.

Mi piace pensare di essere pervasa da una polvere invisibile di magia che sa di buono, sa di legna che brucia e scoppietta nel camino, di arance e mandarini mangiati proprio scaldandosi, sa di candele profumate per abbellire la tavola.

Portiamo avanti le tradizioni, le piccole cose e i particolari legati a questi avvenimenti perché, al di là di tutto, scaldano il cuore.

POLVERE DI MAGIA è un racconto di Sara De Rosa

Della stessa autrice “FIGLIA DI UN RAGAZZO DEL SUD”

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