TECNO AMORI di Roberta Recchia
Siamo abituati alle più disparate tecnologie, dal rischiare di non sapere forse più che odore abbiano le pagine ingiallite e impolverate, dei libri nelle biblioteche, o quello pungente dei quotidiani sfogliati al mattino.
Le vite si misurano in like, commenti, audio e pixel, con notizie che la maggior parte delle persone dovrebbero considerare interessanti, per poi, in ordine decrescente, trovare le restanti fino alla fine.
Cose, persone, divengono cassa di risonanza di un’audience che ci fa sprofondare o meno nel dimenticatoio, in attesa del prossimo scoop.
Storie senza molta intensità, identità che imparano a raccontarsi attraverso insicurezze, difese, strategie di comprensione di un viaggio tra valori e affetti spesso travolti dalla frenesia quotidiana, che rischiano di liquefarsi lentamente. Legami e connessioni umane, aspettative, gioie e follie fanno i conti con sofferenze, ostacoli e imprevisti, dinamiche che sperimentano lo spazio di un coesistere tecnologicamente insieme.
Si rovista nel web alla ricerca di manuali che evitino lividi e ferite emotive, con corrispondenti istruzioni per l’uso per non fuggire dalla capacità di continuare ad amare nonostante tutto.
Si realizzano sogni immateriali e indefiniti, si edificano virtualmente ponti che possano unire mondi, metamorfosi che tocchino gli individui nella loro essenza fatta di non sola carne.
Si tenta di umanizzare la tecnologia.
Scriversi, parlarsi, sfiorarsi, dialogare tra mancanze, gioia, positività, malinconia, paura, non dimenticando l’importanza di una qualità del dare e ricevere, dell’esprimersi reinventando forme di comunicazione non illusorie.
La superficialità fa i conti con l’animo della gente, per scovare del buono in ciò che non si conosce, in un appartenere e identificarsi.
Volti, sorrisi accennati, aloni di mistero catturano occhi e curiosità nell’attesa di risposte, nell’intreccio tra desideri e realtà multiple.
Nulla a che fare con il rumore della penna che traccia sul foglio infinite parole, di scarabocchi su pezzi di carta, nulla del profumo dei ricordi sbiaditi dal tempo.
Messaggi al cellulare vengono inviati mentre ci si districa con passo incalzante tra la folla e si tenta di accorciare distanze e sistemare altezze.
Nulla degli abbracci fatti di carne e anima, del senso di attese interrotte da placebo videochiamate nelle quali custodire l’intensità di ciò che si prova.
Gli individui si incontrano in modi diversi e l’emotività sottolinea inconsciamente la ricerca di linguaggi che necessitano un’interpretazione con senso.
Dietro condivisioni, faccine e cuori, la consapevolezza che è impossibile piacere al mondo intero e le persone ne dovrebbero aver coscienza soprattutto quando sentono il peso di giudizi e opinioni altrui, trascurando quelli che sono i loro veri obiettivi e valori.
Ciascuno è unico nel suo modo di essere, di vedere il mondo e di vivere la vita. Si creano quotidianamente finestre mediatiche dalle quali poter sbirciare l’esistenza nella sua intensità, libertà e integrità.
C’è chi si affaccia in modo folle, ostentato, timoroso o preoccupato, chi positivamente o l’esatto contrario.
Ci si muove nell’immobilità, comodamente seduti in poltrona o davanti a un caffè, sondando nuovi orizzonti per raggiungere chi si desidera diventare. Siamo tutti viaggiatori in un mondo che non ha confini, nel ricercare una libertà che sia, pur nella sua aleatorietà, vera.
Negli agi e disagi di attese e spazi, impressioni di esteriorità definiscono persone socialmente convenienti, alla vista delle quali si è tentati di credere sul serio, che il loro apparire possa corrispondere a ciò che rappresentano.
Dietro una tastiera si indossano sovente maschere a tema, mille ruoli giocati, falsi sé scambiati per autentiche identità, che trasformano il mondo in un campo immenso dove galleggiare nell’incredibile gioco dell’esistenza.
Affascinano i luoghi di grandi meraviglie, il raggiungere in un lasso di tempo, un numero consistente d’informazioni che gli individui non avrebbero mai elargito o ottenuto personalmente tramite i loro discorsi e viaggi fisici.
Musiche ad alto volume echeggiano intrappolate in arie di fiabesche aspettative, di incertezze correlate alle speranze e ai desideri, in uno scorrere che sembra alle volte pesare o non essere mai abbastanza.
Volti infiniti oscillano dietro webcam in un darsi, prendersi e regalare tempo. L’entusiasmo di nuovi incontri, abitudini, schemi, comportamenti si ricreano in ciò che si desidera.
Discorsi e disparate conversazioni ingannano le attese, energie come fili invisibili sottendono il mondo in uno scambio di informazioni emotive continue.
Dove sono i soffi intensi e il calore dal quale si generano abbracci o baci, carezze o contatti a fior di pelle?
Un mondo altro che viaggia ad alta velocità e ci porta in un istante in punti geograficamente distanti come fossimo pedine colorate che forano le cartine incollate alle pareti.
Discorsi intraprendenti ma non sfacciati, interessanti e non banali. Le parole risuonano nel poter essere anche ascoltate, per rallegrare come buffe giravolte intellettuali che lasciano a bocca aperta, per giungere, selezionare e analizzare complicità tacitamente dichiarate: amici, compagni, complici di un gioco immaginario, perfetti sconosciuti. Semplici conversazioni presuppongono il desiderio di lasciare un pezzetto di sé all’altro.
Schermi e tasti uniscono e sintonizzano sensibilità lontane con gli stessi pensieri, aspirazioni, identico modo di viaggiare la vita, sfidando distanze e ogni logica razionale. Un tecno mondo ridotto a segni e simboli per trasformarci in sommozzatori dell’inconscio umano.
Distanze ravvicinate nelle quali si tenta di toccare l’anima partendo dalla priorità dell’esteriorità e andare poi oltre la fisicità. Conversazioni, scambi di opinioni, messaggi, telefonate, conversazioni disparate, parole che prendono il posto di carezze ed empatie capaci di svelare il non detto.
Anche le relazioni a distanza sono legami proporzionati a quello che si è disposti a imparare, a dare e accogliere.
Il rovescio della medaglia sono tremendi attimi di solitudine con i quali poi fare i conti, circostanze logistiche che non permettono di incontrarsi con tempistiche ristrette.
Il desiderarsi nella pelle e nel contatto anche quando non si è geograficamente nello stesso punto, su una cartina fatta di coordinate cangianti come mine vaganti, allarga la clessidra del tempo in attese lunghissime e ritrovamenti, in un amore dal formato commerciale di audio e pixel.
Porte aperte sul viaggiare, andando ovunque e verso qualsiasi destinazione. Parole pronunciate, sussurrate, testi di canzoni o libri, lettere, storie, idee, pensieri capaci di narrare emozioni e sentimenti, per trasmettere il senso di libertà, il tentativo di uno sfogo, il dare concretezza alla potenza immaginativa e creativa.
Ci si aspetta sempre qualcosa nelle relazioni: un gesto, una risposta, un messaggio, un cambiamento in grado di lenire un vuoto apparente che conferisca allo stare insieme una parvenza di eternità.
Energie in connessione in parti distinte del mondo richiedono nuova organizzazione, adattamento e accomodamento.
Le realtà virtuali create dagli uomini rischiano il dissolvimento, nell’inconsistenza di tracce perse nell’immensa rappresentazione di ciò che li circonda, intensità totalizzanti capaci di assorbire completamente anche i più nascosti e segreti fraseggi dell’interiorità. Nulla è semplice nel passare attraverso.
Tecno amori è un racconto di Roberta Recchia